ARTICOLI SULLA SINDONE CHE PROVANO SE E' AUTENTICA O NO

venerdì 30 aprile 2010

La Sindone fra genio ed amore

A proposito di domande e dubbi sul telo sindonico
La Sindone fra genio ed amore
por Giuliano Guzzo

“la Sindone è un documento sconvolgente: se è autentica, è frutto di un amore sovrumano; se non è autentica, è frutto di un genio sovrumano”. Riportiamo dal sito "Libertà e persona" questo interessante articolo in risposta ad alcune ricerche scientifiche sul telo sindonico.

L’ateismo, osservava Mathieu Delarue, non è una conclusione, bensì un punto di partenza. Ed è vero: molto spesso l’ateo aborrisce le grandi domande – che lo indurrebbero, in poco tempo, a comprendere quanto sia illogico negare Dio – mentre predilige le risposte iniziali, brevi ed immediate. E quando qualcosa osa minacciare il suo pensiero, rigidamente schematico, l’ateo non sa darsi pace: vuole assolutamente dimostrare che quel “qualcosa” è falso e illusorio.

Un curioso e recente esempio dell’infaticabile interesse di certi atei a dissacrare – anche umiliando la stessa ragione cui dicono di rifarsi – tutto ciò che potrebbe indurli a ripensare i propri pre-giudizi è la Sindone, “la più misteriosa reliquia in nostro possesso” per dirla con Valerio Massimo Manfredi. Quel telo – studiando il quale più di qualche scienziato ha trovato la fede – per anni ha rappresentato agli occhi di molti non credenti un interrogativo troppo ingombrante, da rimuovere ed evitare. Tuttavia, negli ultimi decenni, com’è noto, gli atei hanno avuto una parziale rivincita sul celebre sudario: la datazione medievale della Sindone, effettuata nel 1988.

Poco importa che 250 dei 300 studi scientifici sulla Sindone – che la rendono, fra l’altro, l’oggetto più esaminato della storia – depongano a favore della sua autenticità e poco importa che Michael S. Tite, uno degli esaminatori dell’88, abbia dichiarato in anticipo di essere assolutamente certo – alla faccia dell’imparzialità degli scienziati – che la Sindone non fosse autentica, la datazione al Carbonio 14 del 1988 per lo scettico non credente non si tocca: è sacra. E pensare che lo stesso Christopher Bronk Ramsey, direttore del laboratorio di Oxford, uno dei tre dove fu esaminato il sudario nell’88, ha recentemente riconosciuto che “chiunque abbia lavorato in questo settore, scienziati esperti di radiocarbonio ed altri esperti, debbano dare uno sguardo critico alle prove che hanno prodotto”.

A molti scettici le parole di Ramsey non fanno né caldo né freddo. E così l’articolo di “Nature” che già nell’89 mise in luce gli errori statistici del carbonio 14, gli studi del fisico Harry Gove, il padre della moderna datazione radiocarbonica – che in un lavoro pubblicato su “Nuclear Instruments and Methods in Physics Research” ammette che la presenza di funghi e batteri può aver contaminato il campione sindonico che fu datato -, e quelli del chimico Raymond Rogers, che su “Thermochimica Acta” ha dimostrato che nel campione datato c’era un rammendo invisibile che, di fatto, rende inattendibili gli esami dell’88.

Ma siccome gli scettici sono tutt’altro che sprovveduti, e hanno capito, anche se è impossibile per loro ammetterlo, che la datazione medievale della Sindone, in sé, fa acqua da tutte le parti, da qualche anno si sono rimessi all’opera con rinnovata grinta e una grandiosa ambizione: riprodurre il telo, realizzando così la definitiva e inappellabile confutazione della reliquia tanto cara ai cristiani, i quali – è bene precisarlo – non fondano la fede su di essa, anche se, indubbiamente, rappresenta se non una prova quanto meno un suggestivo indizio della risurrezione di Cristo. L’annuncio della presunta ri-produzione della Sindone è stato dato lo scorso 5 ottobre, quando il quotidiano “La Repubblica” ha dedicato un’intera pagina proprio a questo scoop:”Per la prima volta la Sindone è stata riprodotta in ogni singolo dettaglio”(La Repubblica, 5/10/09, p.31) erano le parole dell’autore dell’opera, il chimico Luigi Garlaschelli, docente di chimica organica all’Università di Pavia nonché membro del Cicap, il Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale.

Non fu da meno il quotidiano torinese “La Stampa”, che diede ampio risalto all’impresa:”Un telo di lino, un professore di chimica e un po’ di tecnologia colorata. Ecco una Sindone nuova di zecca, a grandezza naturale, del tutto simile a quella custodita a Torino” (La Stampa, 5/10/09). Anche “Focus Storia” di questo mese ha raccontano con entusiasmo manifesto il lavoro di Garlaschelli: “Il risultato è molto somigliante all’originale: un’immagine tenute, sfumata […] tutte caratteristiche che si dicevano irriproducibili, ottenute invece in un colpo solo” (Focus Storia n. 42, aprile 2010, p.17). Nota bene: l’autore dell’articolo di “Focus Storia” è Massimo Polidoro, co-fondatore, insieme a Piero Angela, Margherita Hack e Silvio Garattini, proprio del Cicap, il comitato cui aderisce Garlaschelli. Nessun dubbio, dunque, sulla sincerità delle sue lodi alle gesta del socio.

Ma torniamo alla copia della Sindone. Prima di verificare l’attendibilità dell’esperimento di Garlaschelli – finanziato, guarda caso, dall’UAAR: Unione degli atei e agnostici razionalisti -, dobbiamo precisare subito un “particolare”: se da un lato non possiamo escludere che il chimico, come afferma, abbia studiato con maniacale attenzione tutti i 300 studi eseguiti sulla Sindone, dall’altro è bene sottolineare – sempre rifacendoci a quanto dice lui stesso – che non ha mai avuto modo di analizzare in prima persona il sudario che ha poi voluto riprodurre: si è attenuto a delle semplici fotografie. Può apparire una sottolineatura polemica, invece non lo è affatto; va piuttosto considerata una precisazione doverosa, dato che sono davvero in tanti a considerare il manufatto di Garlaschelli non soltanto poco serio sperimentalmente, ma persino ridicolo.

Colpisce in particolare l’ostinazione con la quale l’autore della copia della Sindone abbia finora sottratto il suo manufatto ad analisi come la profondità submicrotetica della colorazione del suo telo: come mai tanta ritrosia? Sui “colori” utilizzati da Garlaschelli – strano ma vero – persino i seguaci dell’UAAR hanno espresso perplessità; consultando il blog più anticlericale d’Italia è possibile infatti apprendere della delusione di più di qualche ateo sulla metodologia sperimentale adottata dal chimico del Cicap: “Leggo che Garlaschelli ha usato dell’ocra. Eppure la presenza di sangue sul telo sembra sia indubbia. Perchè non ha usato il sangue di qualche animale?”. Del resto, anche Giulio Fanti, docente di Misure Meccaniche e Termiche all’Università di Padova ha chiesto addirittura davanti alle telecamere di “Porta a Porta” di poter analizzare il manufatto del Cicap: niente da fare. Paradossalmente, proprio quelli del Cicap – che tanto amanocontrollare le affermazioni sul paranormale - si rifiutano di sottoporre a verifiche le loro . E pensare che sarebbe davvero interessante vedere se l’immagine del manufatto di Garlaschelli è come quella della Sindone vera, che ha già mostrato resistenza a ben 25 solventi da laboratorio.

Tornando alla presenza del sangue – stranamente messa in discussione da Massimo Polidoro – meritano di essere sottolineati i numerosi studi che, negli ultimi decenni, l’hanno provata. Pensiamo al test positivo dell’emocromo, della bilirubina, della cianoemoglobina, dell’albumina e alla dimostrazione dell’esistenza di proteine (Esame di Heller ed Adler, 1978), oppure alla verifica della fibrinolisi interrotta dopo 36-40 ore (Esame di Brillante – Baima Bollone, 1982). Insomma, l’uomo della Sindone è stato indubbiamente torturato. Ragion per cui, chi sostiene l’autenticità della datazione medievale del celebre sudario deve prendersi la responsabilità delle proprie affermazioni e aver il coraggio di sostenere che il geniale falsario avrebbe anzitutto dovuto procurarsi il cadavere di un uomo trentenne crocifisso – impresa tutt’altro che semplice, nel Medioevo-, oppure crocifiggerlo egli stesso.

Inoltre avrebbe dovuto, anticipando l’invenzione del microscopio, aggiungere sul telo svariate decine di elementi invisibili a occhio nudo: pollini, terriccio, siero, aromi per la sepoltura, aragonite e altro ancora; avrebbe dovuto conoscere la fotografia, inventata la XIX secolo – perché la Sindone è un’immagine in negativo; avrebbe dovuto saper distinguere tra circolazione venosa e arteriosa, studiata per la prima volta nel 1593, nonché essere in grado di macchiare il lenzuolo in alcuni punti con sangue uscito durante la vita e in altri con sangue post-mortale, rispettando inoltre, nella realizzazione delle colature ematiche sulle braccia, la legge di gravità, scoperta nel 1666. Insomma, il falsario della Sindone avrebbe dovuto essere un gigante della scienza, un genio assoluto; un genio del quale, stranamente, non si ha la benché minima traccia storica. Qualcuno ha fatto il nome di Leonardo da Vinci, dimostrando di non sapere che ci sono testimonianze plurime che attestano la presenza della Sindone in Europa, precisamente in Francia, 99 anni prima della nascita del celebre artista.

In ogni caso, l’ipotesi del falsario deve fare i conti con un altro dato inspiegabile, ossia il modo col quale l’uomo della Sindone sarebbe stato estratto dal telo: decine di dettagliate analisi hanno dimostrato che non c’è la minima traccia di trascinamento. Che la Sindone sia effettivamente inspiegabile, nel 2002, lo riconobbero persino i soci del Cicap che, in un loro convegno, riconobbero che “non è chiaro” come si sia formata quell’immagine. Non a caso, anni fa, un noto studioso fu costretto ad ammettere che, secondo le conoscenze scientifiche attualmente in nostro possesso, quel sudario “non dovrebbe esistere”. Poi, tutto ad un tratto, ecco sbucare Garlaschelli con la sua copia della Sindone realizzata servendosi di un bassorilievo sul quale è stata applicata della vernice a secco che avrebbe prodotto immagini negative, che sarebbero inspiegabili.

Peccato la teoria del bassorilievo, riscaldato, strofinato o verniciato, sia stata esclusa, giudicata impraticabile e quindi abbandonata da almeno tre decenni dopo che gli scienziati statunitensi dello “Shroud of Turin Research Project” pubblicarono dettagliatamente i loro risultati su prestigiose riviste internazionali. D’altronde, chi non ha nulla da temere fa bene a rendere noti metodologia ed esiti dei propri studi. Altri, invece, preferiscono fare annunci ad effetto celebrati con insolito favore dai mass media ma sostanzialmente privi di qualsivoglia valenza sperimentale. Perché la Sindone, di fatto, rimane inspiegabile. Un libro di Emanuela Marinelli, che, a differenza di tanti suoi critici, l’ha studiata in prima persona e che ha scritto decine di testo sul telo sindonico, si chiude con questa riflessione: “la Sindone è un documento sconvolgente: se è autentica, è frutto di un amore sovrumano; se non è autentica, è frutto di un genio sovrumano”.







http://www.bibbiablog.com/2010/04/26/la-sindone-fra-genio-ed-amore/

giovedì 22 aprile 2010

Sindone,avanzate ipotesi sul suo possesso da parte dei Templari

Sindone,avanzate ipotesi sul suo possesso da parte dei Templari

Posted By RLalli On 19 aprile 2010



Una tesi che è molto più di una semplice congettura, basata su una ricostruzione storica condotta con serietà ed accuratezza, dimostrerebbe come i Templari possedevano la Sindone e la adoravano quale autentico lino posto attorno al corpo di Gesù Cristo morto in croce; secondo questa tesi infatti il lenzuolo sacro rimase in mano all’Ordine del Tempio per circa mezzo secolo, dal 1260 al 1314. Questo almeno secondo quanto spiegato ed esposto da Barbara Frale, ufficiale dell’Archivio segreto Vaticano oltre che studiosa delle Crociate e dei Templari ed autrice del libro “La Sindone di Gesù Nazareno” uscito quasi contemporaneamente con l’ostensione della Sacra Sindone a Torino.

Secondo le ricostruzioni illustrate dalla studiosa infatti, i Templari avrebbero ricevuto la Sindone nell’anno 1260 dal duca di La Roche, dignitario del Tempio, tramite una donazione incrociata che avrebbe permesso loro di evitare e superare il “divieto” di vendita di reliquie religiose ; il sacro lino fu conservato fino al 1314 quando passò poi alla famiglia feudataria degli Charny, i conti di Champagne. In tutto quel lasso di tempo furono da loro riprodotti diversi oggetti con il volto di Cristo senza collo e senza aureola proprio come nella Sindone: senza collo in quanto il corpo nella rigidità cadaverica aveva la testa reclinata con il mento abbassato dovuto alla morte in croce; senza aureola in quanto il Cristo avvolto dal lenzuolo di lino era morto ma non era ancora resuscitato.

Barbara Frale aggiunge inoltre ulteriori spiegazioni illustrando aneddoti e testimonianze, come quella di un templare che descrive una cerimonia religiosa aggiungendo la presenza di un lungo telo di lino da venerare baciandone l’immagine impressa dei piedi; per quanto concerne il processo contro i Templari fu solamente una macchinazione finanziaria e politica e di questo erano ben consapevoli anche i contemporanei di quel tempo, se Dante Alighieri ne parla perfino nel Purgatorio.

Ma ci sono anche opinioni discordanti da quella dell’archivista vaticana come ad esempio quella del gran priore Walter Grandis che afferma come sia vero che i Templari possedessero un velo tenuto in grande venerazione ma di come non ci sia la sicurezza che fosse quello che aveva avvolto il corpo di Gesù. Gian Maria Zaccone, direttore scientifico del Museo della Sindone, sostiene invece di come non esista affatto alcun rapporto tra la Sindone ed i Templari dal momento che non è accertata l’esistenza di nessuna documentazione che dimostri che siano stati loro i custodi del Sacro Lino o che l’abbiano trasportato dall’Oriente all’Occidente.

Rossella Lalli


--------------------------------------------------------------------------------

Article printed from Notizie: http://www.newnotizie.it

URL to article: http://www.newnotizie.it/2010/04/19/sindoneavanzate-ipotesi-sul-suo-possesso-da-parte-dei-templari/



http://www.newnotizie.it/2010/04/19/sindoneavanzate-ipotesi-sul-suo-possesso-da-parte-dei-templari/

mercoledì 14 aprile 2010

La tomba del sudario scoperta a Gerusalemme conferma la Sacra Sindone

Afferma il fisico del Centro Spagnolo di Sindolologia César Barta

La tomba del sudario scoperta a Gerusalemme conferma la Sacra Sindone

by Nieves San Martín
La “tomba del sudario” scoperta recentemente a Gerusalemme conferma la Sacra Sindone. Lo afferma il fisico del Centro Spagnolo di Sindolologia César Barta Gil, per il quale un’altra interpretazione sarebbe tendenziosa e parziale.



La tomba dove è stato rinvenuto il sudario (© Daily Mail)

Gli archeologi dell’Università Ebraica hanno trovato recentemente dei frammenti di sudario in una tomba della prima metà del I secolo nel cimitero di Haceldama, il “Campo di Sangue” comprato con le 30 monete di Giuda per seppellire gli stranieri. La tomba, situata nella parte bassa della Valle dell’Hinnon, al lato della tomba di Anna, suocero di Caifa, sembra indicare che si trattava di una persona di famiglia sacerdotale o aristocratica.
Secondo lo storico tessile Orit Shamir, i tessuti usati per avvolgere il cadavere sono di buona qualità, di una persona benestante, ma di tessuto molto più semplice rispetto alla Sacra Sindone di Torino.

La notizia della scoperta archeologica in una tomba di Gerusalemme di un sudario dell’epoca di Gesù Cristo, diffusa dalla pubblicazione “PloS ONE Journal”, è stata presentata come un’argomentazione che mette in dubbio l’autenticità della Sacra Sindone di Torino. Si è arrivati a dire che “gli autori dello studio concludono che quest’ultima non risale a quegli anni”.

“Solo un’interpretazione molto tendenziosa e parziale può arrivare a diffondere questa idea – ha spiegato a ZENIT César Barta Gil –. Se si presentano i dati oggettivi, la realtà è piuttosto il contrario, visto che conferma l’autenticità della Sacra Sindone anziché metterla in discussione”.

Gli autori dell’articolo intitolato “Molecular Exploration of the First-Century Tomb of the Shroud in Akeldama, Jerusalem” sono di Canada, Israele, Australia, Inghilterra e Stati Uniti, e non menzionano mai la Sindone di Torino.

L’obiettivo principale dell’articolo è far conoscere il successo nella dimostrazione con mezzi sperimentali che tre dei defunti della tomba familiare avevano la tubercolosi e uno di loro, inoltre, era lebbroso. Il merito aumenta considerando il deterioramento dei resti archeologici rinvenuti.

“Si può solo immaginare la sorpresa che susciterà negli autori il fatto di vedere che il loro articolo è servito a far sì che la gente parli di ciò che non hanno scoperto anziché del progresso ottenuto con l’analisi di DNA antico e processi molecolari”, ha sottolineato César Barta.

Se la notizia si è prestata a questo fraintendimento, spiega il fisico, è perché gli scavi sono stati soprannominati “la tomba del sudario” (the tomb of the shroud). Il nome deriva dall’eccezionalità dell’aver trovato un tessuto che aveva avvolto un cadavere in una tomba ebraica.

Il costume ebraico era andare al sepolcro circa un anno dopo aver seppellito il defunto, quando le parti molli erano già scomparse e rimanevano solo le ossa, che venivano poste in casse di pietra o ossari e lasciate di nuovo nella tomba. Per questo motivo gli archeologi hanno trovato centinaia di tombe in cui non c’era alcun tessuto.

L’idea che Gesù Cristo sia stato avvolto in un lenzuolo come parte di un costume ebraico non era stata corroborata da alcuna scoperta. Ad ogni modo, nella “tomba del sudario” l’individuo lebbroso venne collocato in una camera del sepolcro che fu sigillata per evitare il contagio del resto dei defunti della famiglia. Questo ha fatto sì che nel tempo non venisse modificata, e che sia arrivata ai giorni nostri con i resti della prima deposizione del seppellimento.
La scoperta permette quindi di confermare l’utilizzo di lenzuoli nelle pratiche funerarie ebraiche, rafforzando l’idea dell’uso della Sacra Sindone.
Oltre a ciò gli autori, nelle poche righe che dedicano al tessuto, informano di averne trovate delle porzioni in tutta la lastra con resti organici, deducendo che copriva tutto il corpo. In particolare, hanno rinvenuto resti di capelli, e quindi il lenzuolo copriva la testa. E’ una conferma specifica del modo in cui è stata utilizzata la Sacra Sindone per avvolgere il crocifisso, visto che effettivamente gli copriva la testa.
“Un’interpretazione unanime di questi dati sosterrebbe piuttosto l’autenticità della reliquia di Torino – afferma César Barta –. Ad ogni modo, il professor Shimon Gibson, uno degli autori, ha dichiarato al National Geographic che a suo avviso il tessuto rinvenuto nella tomba indica la falsità della Sindone di Torino perché presenta un altro tipo di confezione. In effetti, quello di Torino è in sargia di grande valore, mentre quello della tomba è in taffetà”.
“Questa argomentazione, tuttavia, manca di consistenza visto che non ci si doveva aspettare di trovare una sargia come quella della Sacra Sindone in ogni tomba ebraica – conclude il fisico –. E non bisognava aspettarselo perché un tessuto come quello di Torino in sargia da 1 a 3 in lino è un esemplare unico e non se ne conosce un altro, né dell’epoca di Cristo né del Medioevo”.

[Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]


http://www.bibbiablog.com/2010/01/30/la-tomba-del-sudario-scoperta-a-gerusalemme-conferma-la-sacra-sindone/

Chi è l’uomo della Sindone?

Chi è l’uomo della Sindone?

di Antonio Gaspari

ROMA – Custodito presso il Duomo di Torino c’è un lenzuolo di lino protagonista di una storia fitta di misteri e di colpi di scena. E’ la Sindone, il telo più famoso al mondo, quello che milioni di fedeli ritengono abbia avvolto, duemila anni fa, il corpo di Gesù deposto nel sepolcro.

Alcuni sono però convinti che si tratti di un falso storico perchè il telo, secondo analisi fatte nel 1988 con il metodo del C14, è risalente al tardo medioevo.

Le datazioni sembrano però smentite da quegli stessi scienziati che le eseguirono venti anni fa. A questo si aggiunge la quantità di misteri che riguardano il come e il perchè si sia formata l’immagine sul telo e le innumerevoli somiglianze di quell’immagine con la persona di Gesù che diceva di essere figlio di Dio.

Marco Tosatti, vaticanista de “La Stampa”, ha cercato di rispondere alle mille domande sulla Sindone, con un inchiesta che è diventata un libro: “Inchiesta sulla Sindone” (Piemme, 320 pagine, 15 Euro).

L’autore ha interpellato esperti e storici, ha consultato documenti e fonti, ha esaminato anche le più remote tessere di quello che sembra un vero e proprio mosaico di intrighi, segreti e misteri.

Tosatti non ha esitato a indagare anche tra i poteri occulti. Fu infatti il Cardinale Anastasio Alberto Ballestrero, Arcivescovo di Genova, che accennò ad alcune frange massoniche, interessate a screditare quello che forse è un testimone muto della Resurrezione.

Per conoscere gli esiti dell’inchiesta, ZENIT ha intervistato Marco Tosatti.

Nel libro lei sostiene che l’esame del C14 sulla Sindone era sbagliato. Ci spiega come e perchè è arrivato a queste conclusioni e che cosa cambia nel dibattito in corso sulle origini della Sindone?

Tosatti: I numeri, non io, sono giunti a queste conclusioni. Diciamo intanto che i laboratori e il British Museum non hanno mai fornito, nonostante ripetute richieste da parte del committente, la diocesi di Torino, i “dati grezzi” degli esami compiuti, necessari per capire che cosa è veramente successo.

Ma anche solo esaminando i dati pubblicati su Nature, un ingegnere di Milano, Ernesto Brunati, si è accorto che c’era qualche cosa che non andava. Ho chiesto di rifare i calcoli a due professori di matematica e statistica della Sapienza, che non c’entrano nulla con il mondo della Sindone. Livia De Giovanni e Pierluigi Conti, che hanno confermato: c’era un errore di calcolo, tale da inficiare la validità dell’esame.

La “tolleranza” di errore che i tre laboratori si erano dati era del 5%; e dai numeri di Nature sembrava che si fosse raggiunto proprio il minimo, il 5%. In realtà è stato raggiunto l’uno per cento. L’esame avrebbe dovuto essere rifatto, ma i campioni ormai erano distrutti. Grazie agli esami di alcun professori americani, l’ultimo dei quali è Roberto Villareal, del Los Alamos Center, che ha presentato le sue scoperte nell’agosto 2008, credo che si sia scoperto qual’era il problema.

Una contaminazione fortissima del tessuto, e un “rammendo invisibile” praticato nel Medioevo, o dopo. L’unico risultato scientifico che supporta la tesi del falso medievale è l’esame al C14. Se questo cade, come secondo me è caduto, tutta la discussione si riapre. E’ necessaria certamente una nuova stagione di ricerche scientifiche.

Da questa indagine che idea si è fatta dell’Uomo della Sindone?

Tosatti: L’idea che mi sono fatta (e ho preso in considerazione solo i dati scientifici “duri”, cioè supportati da esami rivisti da “pari” esperti) è che quel telo abbia ospitato il corpo reale di un uomo flagellato durissimamente, e morto in croce. Il sangue è sangue, e l’immagine non è dipinta, e non è neppure ottenuta dal contatto con una superficie molto calda (strinatura), perché non c’è fluorescenza.

Perchè quel telo affascina ancora così tante persone?

Tosatti: Perché è un oggetto incredibilmente suggestivo, enigmatico e maestoso. E non sto parlando di fede o di cattolici; fra i più appassionati ricercatori della Sindone ci sono ebrei come Avinoam Danin, e protestanti come William Meacham, per non citarne che due. Senza tener conto di agnostici come Delage, e altri professori e ricercatori americani. Un qualche cosa di assolutamente unico al mondo.

Quali sono gli argomenti per cui lei crede che quell’uomo fosse il Gesù di cui si parla nei Vangeli?

Tosatti: Perché quello che ci racconta il telo calza come un guanto sui racconti della Passione. Le ferite, la flagellazione, il colpo di lancia (invece del crurifragium lo spezzare le gambe per far morire di asfissia i crocifissi ebrei prima del sabato) addirittura le scorticature sulle ginocchia…Vero o falso, quel telo rappresenta Gesù.

Se l’uomo della Sindone è Gesù, allora dobbiamo pensare che quel telo è un reperto per stupire gli scettici e per spingere gli uomini ad avere più fede? Oppure no?

Tosatti: Mi sono posto questa domanda. Io credo che chi è credente non abbia bisogno della Sindone. Ma certamente chi è credente, sapendo che non è un artefatto, la vede con occhi diversi. Mi è anche venuto in mente un pensiero, che spero non venga giudicato irriverente. Il buon Dio si è “divertito”, se come penso è autentica, lasciandoci un oggetto così “esagerato” nella sua tremenda veridicità. Tremenda perché racconta di una violenza e di una crudeltà enormi.

E’ vero che nel telo ci sono tracce ematiche, cioè il sangue di Cristo?

Tosatti: Nel libro riporto il racconto di come alcuni studiosi americani – uno dei quali, Adler, ebreo – hanno certificato che quello sulla Sindone è sangue. Ma altri, fra cui Baima Bollone, lo hanno confermato. Se non ricordo male sono stati compiuti almeno dodici esami diversi per verificare se si trattava realmente di sangue. E la risposta è positiva.

Ci dia almeno un motivo per convincerci a leggere il suo libro?

Tosatti: Le do un motivo totalmente laico. Quella della Sindone, e dei misteri ad essa collegati, antichi e attuali, comprese non poche cose legate all’esame del C14, è una delle storie più intriganti e affascinanti che mi è capitato di scrivere. In 28 anni da vaticanista me ne sono sempre occupato poco; lavoravo per La Stampa, e di conseguenza il telo era “coperto” da colleghi della città in cui la Sindone è conservata. Sono grato a Piemme per avermi chiesto di scrivere quest’inchiesta, che mi ha obbligatoriamente condotto in un mondo meravigliosamente coinvolgente. E ho cercato di renderne se non altro qualche riflesso.

http://www.bibbiablog.com/2009/04/10/chi-e-luomo-della-sindone/

SINDONE: LE FALSE NOTIZIE SUL SUDARO DEL LEBBROSO

Dicembre 20, 2009
SINDONE: LE FALSE NOTIZIE SUL SUDARO DEL LEBBROSO
Archiviato in: Senza Categoria — Tag:false, lebbroso, notizi, sindone — mirabilissimo100 @ 5:24 pm Modifica
Le false notizie sul sudario di un lebbroso del I secolo D.C.


Nei giorni scorsi, qualche laicista incallito ha osato mettere ulteriori dubbi sulla Sacra Sindone, sostenendo il reperimento di un altro sudario…


Foto dei resti del tessuto del sudario di Akeldamà (copyright Reuters)


di Francesco Colafemmina
Come creare una falsa notizia? Basta prendere un po’ di paccottiglia pseudoscientifica e pseudoarcheologica, appiccicarla ai risultati di uno studio di archeomedicina e lanciarla su tutti i giornali del mondo come se si trattasse di una sconvolgente novità!
Mi riferisco alla falsa notizia della scoperta di un sudario dell’epoca di Cristo in una tomba di Gerusalemme. Oggi questa notizia è rilanciata dai principali quotidiani mondiali i quali non si sono presi la briga nemmeno di indagare in merito.
Chiaramente è stata ripresa anche dalle nostre valide testate nazionali che non hanno mancato di darle risalto. Leggiamo, ad esempio, l’articolo del Corriere della Sera: vero modello di “informazione”:
Un altro sudario. Dell’epoca di Gesù. Una squadra internazionale d’archeologi l’ha trovato mesi fa, negli scavi d’una tomba a Gerusalemme Est. Nel Campo del Sangue che, secondo il Vangelo, Giuda Iscariota si comprò coi trenta denari del tradimento e dove, poi, s’impiccò. L’hanno studiato a lungo col radiocarbonio, passato alla Tac come si fa coi pazienti complicati. Ne hanno esaminato spore e tracce di Dna. Alla fine le conclusioni, univoche, sono finite sull’ultimo numero di “PloS One”, la rivista scientifica della Public Library americana: «Le parti di lenzuolo ritrovate, appartenenti a un sudario usato per seppellire le salme ai tempi di Cristo, rivelano per la prima volta che a Gerusalemme questi manufatti avevano un tessuto a trama molto semplice, ottenuta con l’uso soltanto di due fili intrecciati». La dimostrazione, secondo il team, che l’altro e ben più celebre sudario – la Sacra Sindone che ritrarrebbe il corpo di Gesù – sarebbe in realtà un falso: «L’ordito della Sindone, molto più complesso e con più fili, fu introdotto solo in epoca successiva».


Anzitutto l’articolo testimonia la mancata lettura dello studio citato. Se infatti i giornalisti avessero deciso di leggere lo studio dal titolo “Molecular Exploration of the First-Century Tomb of the Shroud in Akeldama, Jerusalem“, avrebbero letto quanto segue:
“The Tomb of the Shroud is a first-century C.E. tomb discovered in Akeldama, Jerusalem, Israel that had been illegally entered and looted. The investigation of this tomb by an interdisciplinary team of researchers began in 2000.”


Dunque la tomba è stata scoperta molto tempo fa e depredata, mentre gli studi su di essa sono iniziati almeno 9 anni fa! Non certo “mesi fa”…
Andando oltre è evidente che da nessuna parte nel testo dello studio si fa riferimento alla struttura del sudario. Da nessuna parte si parla di discrasie con la Sacra Sindone. Anzi, in molti passaggi dello studio, si evidenzia l’evidente stato di deperimento del tessuto associatosi ad elementi dello scheletro, dei capelli, ed altre tracce biologiche del defunto.
Quindi il Corriere ha copiato da una fonte chiaramente interessata a far dilagare una non notizia. Di quale fonte si tratta? Si tratta del Dailymail che riporta le conclusioni dell’archeologo Shimon Gibson.
Chi è Shimon Gibson?
Non stupirà sapere che si tratta dello stesso folle archeologo che ha collaborato alla realizzazione del film documentario di James Cameron (regista di Aliens e Terminator) e del sionista ebreo ortodosso Simcha Jacobovici sulla “Tomba perduta di Gesù“. Un documentario del 2007 nel quale si tentava di dimostrare – senza un minimo di fondatezza scientifica – che una tomba ritrovata a Gerusalemme fosse quella dell’intera famiglia di Gesù, Maria Maddalena compresa, in qualità di moglie di Gesù.
Questi a sua volta si basa sui dati della studiosa tessile Orit Shamir, capo del Department of Museum and Exhibitions and Curator of Organic Materials della Israeli Antiquity Authority, l’ente archeologico nazionale che cura l’ “ortodossia” di scavi ed esplorazioni in Eretz-Israel. La professoressa Shamir ha partecipato marginalmente a questo progetto di ricerca, dato lo stato di deterioramento del tessuto in questione. Il suo nome appare solo tra i “ringraziamenti”.


Questo articolo é stato pubblicato 17 dicembre 2009, 10:51 http://www.agerecontra.it/bin/press/?p=2387&cpage=1#comment-186

La Shamir è nota, d’altra parte, per i suoi studi sul sudario di Akeldamà – lo stesso sudario dello studio di archeomedicina appena pubblicato – già da alcuni anni. Ne parla persino il sito del CICAP, l’istituzione criptomassonica capitanata e voluta a Torino da menti geniali come Piero Angela e Margerita Hack. Istituzione che ha recentemente messo in scena un esperimento di riproduzione della Sindone, già realizzato in passato, ma i cui esiti non dimostrano un bel niente perché la sindone riprodotta ha delle differenze strutturali rispetto all’autentica reliquia: semplicemente è un “disegno” che non tiene conto di tutte le presenze di sangue, pollini, liquido ematico, etc. presenti sulla Sacra Sindone.
Ritorniamo, però, per un attimo alla falsa notizia odierna. In realtà una notizia c’è: quel cadavere avvolto dal “sudario di Akeldamà” appartiene a un uomo morto di lebbra. Si tratterebbe del più antico caso di lebbra riscontrato storicamente su un cadavere. Ora, a noi la lebbra ricorda qualcosa. Ricorda Marco 1,40-45 e la guarigione miracolosa del lebbroso operata da Gesù. E sappiamo anche il tabù che circondava la malattia presso i Giudei. Tabù costantemente infranto da Cristo. L’impurità della malattia, e soprattutto di quella più orribile, come la lebbra era anche segno della “maledizione di Dio” subita dal malato (cfr. Levitico, 13). Così, ci chiediamo, possibile che un uomo morto di lebbra nel primo secolo dopo Cristo possa mai esser stato sepolto avvolto in un prezioso sudario? I necrofori non l’avranno invece avvolto in semplici bende, in un sudario più grezzo, come appunto quello di Akeldamà, onde evitare la contaminazione?
D’altro canto è da tutti riconosciuto che la Sindone ha una trama particolarmente complessa ed è molto pregiata. Sicuramente Nicodemo e Giuseppe d’Arimatea avranno deciso di avvolgere il Cristo in un sudario “regale”, non certo in quello di un “impuro” lebbroso.
Ciò detto, temo che dovremo in qualche modo abituarci al rilancio da parte della stampa mondiale di bufale e affini sulla Sacra Sindone, in previsione della prossima ostensione. Sembra assurdo che attività propagandistiche di tal fatta possano accadere in quest’epoca di informazione diffusa e condivisa. Eppure quando si tratta di attaccare la Chiesa non si risparmia neanche la deontologia professionale.
In conclusione vorrei solo ricordare che un eminente professore della stessa Hebrew University di Gerusalemme, istituzione che ha partecipato alle ricerche di archeomedicina sul sudario di Akeldamà, è autore di un pregevolissimo studio sui pollini presenti sulla Sindone. Si tratta del Prof. Aninoan Danim: qui trovate un suo interessantissimo articolo in merito. (fonte: Fides et Forma, 17/12/09)


http://www.agerecontra.it/bin/press/?p=2387&cpage=1#comment-186

SINDONE/ 2. La copia degli scienziati del Cicap è un falso. Ecco le prove

SINDONE/ 2. La copia degli scienziati del Cicap è un falso. Ecco le prove
Giulio Fanti


giovedì 8 ottobre 2009





In riferimento all’articolo del 5/10/2009 de La Repubblica, “Sindone – è un falso medievale. Ecco la prova” c’è da stupirsi per le affermazioni prive di rigore scientifico ivi riportate. Ogni tanto qualche persona in cerca di notorietà ottiene spazio nei media dichiarando di avere riprodotto la Sindone o una parte di essa, ma quando si approfondisce il discorso “casca il palco”. È infatti possibile riprodurre alcune fattezze macroscopiche della Sindone, ma è assai più difficile riprodurre le caratteristiche microscopiche dell’immagine corporea ivi impressa. Nessuno, nemmeno con lo stato dell’arte delle tecnologie attuali, è stato sinora capace di riprodurre tutte insieme tali caratteristiche estremamente particolari. Anche un articolo a nome di 24 studiosi pubblicato su Internet (www.shroud.com/pdfs/doclist.pdf ) riporta l’impossibilità attuale di riprodurre tutte le fattezze della Reliquia più importante della Cristianità.

In particolare nell’articolo in questione, il Dr. Garlaschelli non dice nulla riguardo la profondità di colorazione, che è molto sottile (un quinto di millesimo di millimetro) nel caso dell’immagine Sindonica ed è praticamente impossibile riprodurre tale profondità tramite le sostanze chimiche utilizzate dal Dr. Garlaschelli.

Se tuttavia il Dr. Garlaschelli avesse effettivamente trovato il modo di riprodurre qualcosa di simile alla Sindone, egli avrebbe dovuto sottoporre al vaglio della comunità scientifica i suoi risultati prima di esporli ad un pubblico impossibilitato ad eseguire verifiche dettagliate di laboratorio, ad esempio analisi microscopichiche che toglierebbero ogni dubbio riguardo la profondità submicrometrica della colorazione.

Il sottoscritto ha lanciato pubblicamente a “Porta a Porta” una sfida scientifica dichiarando che la Sindone non è riproducibile e sarebbe stato pronto a cambiare parere appena qualcuno gli avesse dato modo di studiare campioni similsindonici da analizzare con gli strumenti adatti.

L’ENEA di Frascati da anni sta studiando come sia possibile riprodurre alcune caratteristiche dell’immagine corporea ed ha ottenuto risultati incoraggianti utilizzando laser eccimeri (G. Baldacchini et al. articolo pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica statunitense Applied Optics il 18-3-2008), ma la strada è lunga prima di potere ottenere qualcosa di uguale all’immagine corporea della Sindone.

All’Università di Padova sono in corso esperimenti di colorazione di lini mediante effetto corona, ed i risultati ottenuti sembrano assai incoraggianti (www.dim.unipd.it/fanti/corona.pdf e www.ohioshroudconference.com/papers/p15.pdf).

Ad ogni modo da una prima osservazione della fotografia dell’immagine pubblicata dal Dr. Garlaschelli, sembra che non si sia ottenuto alcunché di nuovo perché analoghe immagini sperimentali furono considerate nel lavoro pubblicato nel Journal of Imaging Science and Technology, (vol. 46-2) nel lontano 2002, risultando molto carenti delle gradazioni intermedie di colore rispetto all’immagine sindonica.

Inoltre l’immagine ora proposta, che si basa su altri studi precedenti di migliore riuscita come quello ottenuto dalla studiosa americana Emily Craig, è già stato analizzato a livello microscopico con risultati alquanto deludenti; la fotografia allegata mette a confronto la colorazione uniforme delle fibrille sindoniche di immagine con quelle ottenute utilizzando pigmenti a base di ossido di ferro.

Infine un cenno alla datazione al carbonio 14 citata dal Dr. Garlaschelli: il risultato ha scarso valore scientifico a causa dei gravi errori statistici pubblicati (Nature, 1989) i quali dimostrano che il campione analizzato non è rappresentativo della Reliquia più importante della cristianità.

Il sottoscritto è pronto ad analizzare il nuovo risultato dal punto di vista scientifico per trarne le dovute conclusioni che potranno essere discusse a livello di esperti (eventualmente anche internazionali coinvolgendo il gruppo ShroudScience - gruppo mondiale di più di un centinaio di studiosi sull’argomento), prima che siano fatte comunicazioni sui media prive di riscontro scientifico.







http://www.ilsussidiario.net/articolo.aspx?articolo=41191&pageid=2

NELLA SINDONE LE TRE PROVE CHE DIO ESISTE

NELLA SINDONE LE TRE PROVE CHE DIO ESISTE




Di Antonio Socci- «Tutta la terra desidera il tuo volto». In questa frase della liturgia sta il segreto della Sindone che continua ad attrarre milioni di persone. È l’attrazione per colui che la Bibbia definiva «il più bello tra i figli dell’uomo«. E che qui è “fotografato” come un uomo macellato con ferocia.

La Sindone non è solo “una” notizia oggi, perché inizia la sua ostensione. È “la” notizia sempre. Perché documenta – direi scientificamente – la sola notizia che – dalla notte dei tempi alla fine del mondo – sia veramente importante: la morte del Figlio di Dio e la sua resurrezione cioè la sconfitta della morte stessa.

Sì, avete letto bene. Perché la sindone non illustra soltanto la feroce macellazione che Gesù subì, quel 7 aprile dell’anno 30, con tutti i minimi dettagli perfettamente coincidenti con il resoconto dei vangeli, ma documenta anche la sua resurrezione: il fatto storico più importante di tutti i tempi, avvenuta la mattina del 9 aprile dell’anno 30 in quel sepolcro appena fuori le mura di Gerusalemme. Che Gesù sia veramente vivo lo si può sperimentare – da duemila anni – nell’esperienza cristiana. Attraverso mille segni e una vita nuova. Ma la sindone porta traccia proprio dell’evento della sua resurrezione. Ce lo dicono la medicina legale e le scoperte scientifiche fatte con lo studio dettagliato del lenzuolo per mezzo di sofisticate apparecchiature. Cosicché questo misterioso lino diventa una speciale “lettera” inviata soprattutto agli uomini della nostra generazione, perché è per la prima volta oggi, grazie alla moderna tecnologia, che è possibile scoprire le prove di tutto questo.

Come nei vangeli

Cosa hanno potuto appurare infatti gli specialisti? In sintesi tre cose.
Primo. Che questo lenzuolo – la cui fattura rimanda al Medio oriente del I secolo e in particolare a tessitori ebrei (perché non c’è commistione del lino con tessuti di origine animale, secondo i dettami del Deuteronomio) – ha sicuramente avvolto il corpo di un trentenne ucciso (morto tramite il supplizio della crocifissione con un supplemento di tormenti che è documentato solo per Gesù di Nazaret). Che ha avvolto un cadavere ce lo dicono con certezza il “rigor mortis” del corpo, le tracce di sangue del costato (sangue di morto) e la ferita stessa del costato che ha aperto il cuore. Secondo. Sappiamo con eguale certezza che questo corpo morto non è stato avvolto nel lenzuolo per più di 36-40 ore perché, al microscopio, non risulta vi sia, sulla sindone, alcuna traccia di putrefazione (la quale comincia appunto dopo quel termine): in effetti Gesù – secondo i Vangeli – è rimasto nel sepolcro dalle 18 circa del venerdì, all’aurora della domenica. Circa 35 ore. Terza acquisizione certa, la più impressionante. Quel corpo – dopo quelle 36 ore – si è sottratto alla fasciatura della sindone, ma questo è avvenuto senza alcun movimento fisico del corpo stesso, che non è stato mosso da alcuno né si è mosso: è come se fosse letteralmente passato attraverso il lenzuolo.

Come fa la sindone a provare questo? Semplice. Lo dice l’osservazione al microscopio dei coaguli di sangue. Scrive Barbara Frale in un suo libro recente: «enormi fiotti di sangue erano penetrati nelle fibre del lino in vari punti, formando tanti grossi coaguli, e una volta secchi tutti questi coaguli erano diventati grossi grumi di un materiale duro, ma anche molto fragile, che incollava la carne al tessuto proprio come farebbero dei sigilli di ceralacca. Nessuno di questi coaguli risulta spezzato e la loro forma è integra proprio come se la carne incollata al lino fosse rimasta esattamente al suo posto». Lo studio dei coaguli al microscopio rivela che quel corpo si è sottratto al lenzuolo senza alcun movimento, come passandogli attraverso. Ma questa non è una qualità fisica dei corpi naturali: corrisponde alle caratteristiche fisiche di un solo caso storico, ancora una volta quello documentato nei Vangeli. In essi infatti si riferisce che il corpo di Gesù che appare dopo la resurrezione è il suo stesso corpo, che ha ancora le ferite delle mani e dei piedi, è un corpo di carne tanto che Gesù, per convincere i suoi che non è un fantasma, mangia con loro del pesce, solo che il suo corpo ha acquisito qualità fisiche nuove, non più definite dal tempo e dallo spazio. Può apparire e scomparire quando e dove vuole, può passare attraverso i muri: è il corpo glorificato, come saranno anche i nostri corpi divinizzati dopo la resurrezione.
Si tratta quindi di un caso molto diverso dalla resurrezione di Lazzaro che Gesù semplicemente riportò in vita. La resurrezione di Gesù – com’è riferita dai Vangeli e documentata dalla sindone – è la glorificazione della carne non più sottoposta ai limiti fisici delle tre dimensioni, l’inizio di «cieli nuovi e terra nuova».

La “prova” sperimentale di questa presenza misteriosa di Gesù è propriamente l’esperienza cristiana: Gesù continua a manifestare la sua presenza fra i suoi continuando a compiere i prodigi che compiva duemila anni fa e facendone pure di più grandi.
Ma la sindone documenta in modo scientificamente accertabile l’unico caso di morto che – anziché andare in putrefazione – torna in vita sottraendosi alla fasciatura senza movimento, grazie all’acquisizione di qualità fisiche nuove e misteriose, che gli permettono di smaterializzarsi improvvisamente e oltrepassare le barriere fisiche (come quella del lenzuolo stesso).
È esattamente ciò che si riferisce nel vangelo di Giovanni: quando Pietro e Giovanni entrano nel sepolcro dove erano corsi per le notizie arrivate dalle donne, si rendono conto che è accaduto qualcosa di enorme proprio perché trovano il lenzuolo esattamente com’era, legato attorno al corpo, ma come afflosciato su di sé perché il corpo dentro non c’era più. Più tardi, aprendo quel lenzuolo, scopriranno un’altra cosa misteriosa: quell’immagine. Ancora oggi, dopo duemila anni, la scienza e la tecnica non sanno dirci come abbia potuto formarsi. E non sanno riprodurla. Infatti non c’è traccia di colore o pigmento, è la bruciatura superficiale del lino, ma sembra derivare dallo sprigionarsi istantaneo di una formidabile e sconosciuta fonte di luce proveniente dal corpo stesso, in ortogonale rispetto al lenzuolo (fatto anch’esso inspiegabile).

Non è riproducibile

La “non direzionalità” dell’immagine esclude che si siano applicate sostanze con pennelli o altro che implichi un gesto direzionale. E ci svela che l’irradiazione è stata trasmessa da tutto il corpo (tuttavia il volto ha valori più alti di luminanza, come se avesse sprigionato più energia o più luce). Quello che è successo non è un fenomeno naturale e non è riproducibile. Non deriva dal contatto perché altrimenti non sarebbe tridimensionale e non si sarebbe formata l’immagine anche in zone del corpo che sicuramente non erano in contatto col telo (come la zona fra la guancia e il naso).
Oggi poi i computer hanno permesso di rintracciare altri dettagli racchiusi nella sindone che tutti portano a lui: Gesù di Nazaret. Dai 77 pollini, alcuni dei quali tipici dell’area di Gerusalemme (quello dello Zygophillum dumosum, si trova esclusivamente nei dintorni di Gerusalemme e al Sinai), alle tracce (sul ginocchio, il calcagno e il naso) di un terriccio tipico anch’esso di Gerusalemme. Ai segni di aloe e mirra usate dagli ebrei per le sepolture.
Infine le tracce di scritte in greco, latino ed ebraico impresse per sovrapposizione sul lenzuolo. Barbara Frale ha dedicato un libro al loro studio, “La sindone di Gesù Nazareno”. Da quelle lettere emerge il nome di Gesù, la parola Nazareno, l’espressione latina “innecem” relativa ai condannati a morte e pure il mese in cui il corpo poteva essere restituito alla famiglia. La Frale, dopo accuratissimi esami, mostra che doveva trattarsi dei documenti burocratici dell’esecuzione e della sepoltura di Gesù di Nazaret. Un fatto storico. Un avvenimento accaduto che ha cambiato tutto.

www.antoniosocci.com
14/04/2010



http://libero-news.it/news/389980/Nella_sindone_le_tre_prove_che_Dio_esiste_.html