ARTICOLI SULLA SINDONE CHE PROVANO SE E' AUTENTICA O NO

mercoledì 9 gennaio 2008

LA SINDONE-DONATO CALABRESE

LA SINDONE-DONATO CALABRESE
Cosa c’entra il tessuto Sindonico con la persona di Gesù? Questa è la domanda che molti possono farsi e che a tutt’oggi rappresenta l’interrogativo di fondo degli Studiosi che si avvicinano alla Sindone.

La prima domanda che dobbiamo porci è se questo telo risale al tempo di Gesù. La seconda è conseguente: se le impronte presenti sul telo sono proprio quelle della Sindone che avvolse il corpo di Gesù dopo la sua morte in croce. La terza, invece, è relativa alla domanda sulla formazione delle impronte. Come si è formata l’immagine Sindonica. Ed è appunto la terza che potrebbe interessare particolarmente il nostro discorso sulla risurrezione di Gesù.

Intanto partiamo da una breve descrizione del lenzuolo: Si tratta di un tessuto lino tessuto a spina di pesce, lungo 442 centimetri e largo 113 centimetri.

Un primo particolare attira la nostra attenzione: la tessitura a spina di pesce. Si tratta di un tipo di tessitura che rende verosimile l'origine del tessuto nell'area siro-palestinese(http://www.shroud.it/STUDI.HTM).

La palinologia, ovvero lo studio dei pollini, ha recato un altro considerevole contributo allo studio della Sindone. Infatti, già nel 1973 la ricerca di Max Frei, esperto in indagini criminali attraverso la rilevazione di microtracce, aveva confermato la presenza, sul lenzuolo della Sindone, di pollini presenti solo in un'area mediorientale. Delle 58 specie identificate da Frei solo 17 crescono in Europa.

Altri indizi: presenza di aloe e mirra; la presenza di un tipo di carbonato di calcio (aragonite) simile a quello ritrovato nelle grotte di Gerusalemme; tracce sugli occhi di monete coniate il 29 d.C. sotto Ponzio Pilato; una cucitura laterale identica a quelle esistenti su stoffe ebraiche del primo secolo rinvenute a Masada, un’altura vicina al Mar Morto(http://www.shroud.it/STUDI.HTM).

Anche il prof. Avinoam Danin, botanico della Hebrew University di Gerusalemme, si è pronunciato sui pollini presenti sulla Sindone. In particolare vi sono alcune specie di piante che crescono insieme solo nella zona di Gerusalemme, tra cui il Cistus Creticus, la Gundelia tournefortii e lo Zygophyllum dumosum Boiss (http://www.sindone.org/it/ostens/sindstam/congr6gi.htm).

Così il 16 giugno 1999 il quotidiano IL MESSAGGERO, pubblicò la notizia: "Tracce di polline di piante tipiche di Gerusalemme e del vicino deserto di Giudea sono state rinvenute nella Sindone in un nuova ricerca condotta da due scienziati israeliani che conferma indicazioni precedenti. Lo studio è stato condotto dai professori Avinoam Danin e Uri Baruch dell'Università di Gerusalemme"(Il Messaggero, 16 giugno 1999, Esteri).

Un altro contributo alla nostra indagine, ci viene dalla Numismatica. Grazie al computer ed alla lettura digitale, sono state riscontrate, sul telo sindonico, tracce di monete romane del I secolo d.C.: si tratta di due monete rinvenute nelle prossimità delle orbite degli occhi dell’Uomo della Sindone. I numismatici hanno verificato che le due monete sono il Dilepton Lituus e il Simpulum,

coniate e in uso durante l’epoca di Tiberio dal procuratore della Giudea al tempo di Gesù, Ponzio Pilato. Le due monete, analizzate al computer, proverebbero che, diversamente dalla datazione al Radiocarbonio, che nega l’antichità e l’autenticità come lenzuolo funebre di Cristo, l'età della Sindone è di molto antecedente. Infatti, le due monete ora citate, coinciderebbero con l'epoca della morte di Gesù. Infatti, porre delle monete sugli occhi del morto era consuetudine ebraica, confermata da altri ritrovamenti di crani di 2000 anni fa al cui interno erano state rinvenute monete, cadute nelle cavità orbitali.

Le monete recano la scritta «Tiberiu Kaisaros», invece di «Tiberiou Kaisaros», come avrebbero dovuto essere. Era stato proprio Ponzio Pilato, procuratore dell’imperatore Tiberio – come scrive Antonio Persili nel suo libro Sulle tracce del Cristo Risorto - ad emettere monete con questo errore grafico. Ciò esclude ogni possibilità che la tela della Sindone non sia autentica: essa certamente risale al tempo di Gesù e si trova in Giudea al tempo di Ponzio Pilato.

Dopo aver verificato la localizzazione del tessuto sindonico nell'area Palestinese e dopo aver visto, grazie al contributo invisibile delle tracce di monete che il tempo a cui risale è pressappoco quello in cui muore Gesù di Nazaret, con l'aiuto del Collegamento Pro Sindone vediamo perché la Sindone è il lenzuolo funerario di Cristo

"C'è una perfetta coincidenza tra le narrazioni dei quattro Vangeli sulla Passione di Cristo e quanto si osserva sulla Sindone, anche riguardo ai particolari "personalizzati" del supplizio.


* La flagellazione come pena a sé stante, troppo abbondante per essere il preludio della crocifissione (120 colpi invece degli ordinari 21).
* La coronazione di spine, fatto del tutto insolito.
* Il trasporto del patibulum.
* La sospensione ad una croce con i chiodi invece delle più comuni corde.
* L'assenza di crurifragio.
* La ferita al costato inferta dopo la morte, con fuoruscita di sangue e siero.
* Il mancato lavaggio del cadavere (per la morte violenta e una sepoltura affrettata).
* L'avvolgimento del corpo in un lenzuolo pregiato e la deposizione in una tomba propria invece della fine in una fossa comune.
* Il breve tempo di permanenza nel lenzuolo(http://www.shroud.it/STUDI.HTM).

Ed è sempre lo stesso Collegamento Pro Sindone, che in tre punti indica come la Sindone sia un Segno della risurrezione di Cristo:

"Il corpo dell'Uomo della Sindone non presenta il minimo segno di putrefazione; è rimasto avvolto nel lenzuolo per un tempo di 30-36 ore.

La formazione dell'immagine potrebbe essere spiegata con un effetto fotoradiante connesso alla Risurrezione.

Non c'è traccia di spostamento del lenzuolo sul corpo. È come se questo avesse perso all'improvviso il suo volume"(http://www.shroud.it/STUDI.HTM).

Queste deduzioni sono confermate anche nel Documento del IV Symposium Scientifique International du CIELT, tenutosi a Parigi nei giorni 25-26 aprile del 2002. In tale documento, raggiungibile attraverso il sito del Collegamento pro Sindone, è scritto, tra l'altro:

"...le caratteristiche tridimensionali dell'immagine corporea conducono all'ipotesi di una radiazione come causa della formazione dell'immagine perché una sorgente che agisce a distanza con un effetto inversamente proporzionale alla distanza, almeno per definizione è chiamato radiazione (Gonella 1984).

Il fatto che l'immagine corporea penetri nel lenzuolo per una profondità di non più di poche fibrille di lino sulla corona dei fili, suggerisce l'ipotesi di un lampo di energia.

L'aloe ha un effetto catalitico se un campo elettromagnetico (come la luce) agisce su un lenzuolo di lino e su di esso forma un immagine.

I contorni ben definiti delle macchie di sangue fanno pensare che non vi furono movimenti fra cadavere e ST (Sindone Torino, n.d.a. di questo sito). dopo la deposizione nella tomba...

...

La scienza ha inoltre verificato che il sangue fu impresso sulla ST prima dell'immagine corporea e che il processo di fibrinolisi(ridiscioglimento dei coaguli a contatto con il lenzuolo imbevuto di aloe e mirra) durò dalle 10 alle 40 ore; che il corpo umano fu avvolto per un tempo non superiore alle 40 ore perché non si riscontrano segni di putrefazione.

Ma c'è un ultimo dato che ci interessa da vicino. Le macchie di sangue dell'uomo della Sindone, appartengono alla specie umana. Si tratta di sangue umano maschile di gruppo AB che all'analisi del DNA è risultato molto antico. Il sangue è dello stesso tipo di quello riscontrato sul Sudario conservato nella Cattedrale di Oviedo (Spagna), una tela di 83 x 52 cm che presenta numerose macchie di sangue simmetriche, passate da una parte all'altra mentre era piegata in due. La tradizione la definisce Santo Sudario o Sagrado Rostro, cioè Sacro Volto. La preziosa stoffa giunse ad Oviedo nel IX secolo, in un'Arca Santa di legno con altre reliquie, proveniente dall'Africa settentrionale. Il sangue presente sul Sudario è umano, appartiene al gruppo AB e il DNA presenta profili genetici simili a quelli rilevati sulla Sindone. Il Centro Español de Sindonologia (http://www.linteum.com) ha ulteriori informazioni sul Sudario di Oviedo nel suo website.

Anche il confronto con il sangue del miracolo eucaristico di Lanciano (Chieti) mostra dati convergenti. Qui nel sec. VIII, nella chiesa di san Legonziano, nelle mani di un monaco basiliano che dubitava della presenza reale di Cristo nelle specie eucaristiche, al momento della consacrazione, l'ostia diventò carne e il vino si mutò in sangue. Dalle indagini compiute nel 1970 da Odoardo Linoli, libero docente in anatomia e istologia patologica e in chimica e microscopia clinica all'Università di Siena, risultò che la carne è vero tessuto miocardico di un cuore umano e il sangue è autentico sangue umano del gruppo AB(http://www.shroud.it/STUDI.HTM).

Ma non sono solo le impronte delle monete a far propendere per un'identificazione del lenzuolo con la Sindone che ha avvolto il corpo di Gesù morto. Altri studi, compiuti da Andrè Marion e Anne-Laure Courage hanno portato alla luce delle scritte presenti sulla Sindone, di cui risulta interessante la scritta maiuscola NAZARENUS, e quella, appena sotto il mento, in greco maiuscolo, HSOU, cioè IESOU; la I è probabilmente caduta o si è cancellata. Sono state trovate ancora altre scritte, non solo nei pressi del Volto, ma anche in varie altre parti del telo sindonico.

Considerato tutto questo, torniamo a verificare quanto scrive don Antonio Persili nel suo libro Sulle tracce del Cristo Risorto:

“La risurrrezione è avvenuta con una esplosione di energia, che ha influito su tutti gli elementi presenti sulla pietra sepolcrale: il corpo di Gesù, gli aromi, le fasce, il sudario, le tele in genere, la Sindone....

I fenomeni, provocati dalla risurrezione, si possono dividere in tre gruppi: fenomeni di sparizione, fenomeni di posizione delle tele, fenomeni di impressione delle immagini”(Antonio Persili, Sulle tracce del Cristo Risorto, Edizioni C.P.R., seconda ristampa 2000, 230).

Nel sepolcro sono scomparsi sia il corpo di Gesù che gli aromi. Quanto cioè fosse di più pesante (solo gli aromi pesavano 100 libbre, cioè 32 chili e 700 grammi circa), mentre invece erano rimasti gli elementi più leggeri, come la Sindone, le bende, etc.

La posizione delle tele - perché ormai accettiamo la tesi di Persili - dimostra che il corpo di Gesù è scomparso dall’interno di queste tele, senza sfasciarle. Una scomparsa spiegabile solo con la sua risurrezione. Quindi il lenzuolo che ha avvolto il corpo di Gesù di Nazaret, con la formazione dell’immagine su di esso, è divenuto il primo testimone visibile, anche se silenzioso, della risurrezione; la prima reliquia di questo straordinario evento storico.

Nelle testimonianze evangeliche circa il sepolcro vuoto, non c’è presenza di aromi sulla pietra sepolcrale. Eppure Nicodemo e Giuseppe d’Arimatea avevano comprato, per il rito di sepoltura, 100 libbre, di una mistura di mirra ed aloe. Come spiegare la sparizione di questi aromi, di cui Pietro nella sua ricognizione nella tomba non fa assoluta menzione?

Solo con questa luce improvvisa sprigionatasi dal corpo di Cristo si può spiegare questa dissoluzione degli aromi. Una luce che può aver dissolto quasi 33 chili di misture aromatiche. La sparizione degli aromi accompagnata anche, secondo Persili, da un fenomeno concomitante come l’improvviso asciugamento delle tele che avvolgevano il corpo di Gesù”(Cfr. Antonio Persili, Sulle tracce del Cristo Risorto, Edizioni C.P.R., seconda ristampa 2000, 232).

CICAP-SINDONE-SCOTTA IL CASO KUZNETSOV

http://www.cicap.org/new/articolo.php?id=273314
Riepiloghiamo per i lettori. Dmitry Kuznetsov è un biochimico moscovita che negli scorsi anni è stato un campione della causa dei “sindonologi” (i sostenitori dell’autenticità della reliquia, il presunto telo sepolcrale di Gesù). Dopo che il tessuto della Sindone era stato esaminato nel 1988 e radiodatato al Medioevo, egli aveva sperimentalmente dimostrato, a suo dire, che la datazione era sbagliata e che la reliquia poteva essere in realtà più antica, ossia poteva risalire all’epoca di Cristo. Si distinse, fra gli altri sindonologi, per avere pubblicato i suoi resoconti sperimentali, fra il 1994 e il 1996, nella letteratura scientifica al più alto livello.
Quando, nel 2002 (S&P n. 43)[1], fu pubblicata la mia inchiesta che mostrava la falsità dei dati di Dmitry Kuznetsov, i sindonologi (in Italia e non solo) attuarono una sorta di congiura del silenzio e si guardarono dal diffondere la notizia fra i loro lettori.
In una successiva nota all’inizio del 2006 (S&P 65)[2], mostravo come i due più rappresentativi siti sindonologici (italiani) continuassero a nascondere l’esito dell’inchiesta. Presento qui un nuovo aggiornamento elencando alcuni esempi dell’atteggiamento tenuto dai sindonologi nei riguardi dello scandalo Kuznetsov.

Pierluigi Baima Bollone è considerato il decano dei sindonologi italiani. Ha scritto svariati libri ed è comparso molte volte in televisione, la più recente (sia pure in un filmato d’archivio) il 5 aprile 2007, quando su Rai 2, per la serie La storia siamo noi (di Rai Educational) ha esposto, senza contraddittorio, le sue tesi sulla Sindone. Nel suo ultimo libro sull’argomento (Il Mistero della Sindone, Priuli & Verlucca), uscito nell’ottobre 2006, Baima Bollone continua a presentare come reali e valide le ricerche di Kuznetsov. Si legge per esempio: «Il russo Dmitry Kuznetsov dei laboratori di ricerca Sedov sui biopolimeri di Mosca ha accumulato una notevole esperienza sul biofrazionamento» (p. 256); «Kuznetsov ha analizzato numerosi manufatti tessili da siti archeologici di diverse parti del mondo. Nella maggioranza dei casi ha rilevato modificazioni dell’età radiocarbonica» (p. 257); «Kuznetsov ha analizzato tutte le possibili influenze [dell’incendio sul risultato della datazione]» (p. 273). Nessuna parola sulla nostra inchiesta.
Baima Bollone è il Direttore onorario del Centro Internazionale di Sindonologia (Torino). Nella precedente nota avevo segnalato che sul sito del Centro il nome di Kuznetsov continuava a essere citato come autore di un contributo valido. Nel frattempo niente è cambiato e il testo è ancora lo stesso.
Segnalavo inoltre che sul sito di “Collegamento pro Sindone” (Roma), in ciascuna di due pagine, il nome di Kuznetsov era stato cancellato all’epoca della mia inchiesta ma rimaneva presente la parte di testo che presentava i suoi risultati come validi. Non sono state apportate modifiche da allora.
La più nota esponente di “Collegamento pro Sindone” è Emanuela Marinelli, autrice di diversi libri e frequente relatrice in conferenze o congressi. Navigando in Internet ho trovato riferimenti a tre testi della Marinelli, due conferenze e un libro, tutti del 2006, dove si continua a presentare la tesi dell’influsso dell’incendio di Chambéry sulla datazione al C14. Per esempio, in una relazione su una conferenza tenuta a Staggia Senese si legge: «Non va poi dimenticato che l’alta temperatura raggiunta durante l’incendio di Chambéry (la cassetta con la Sindone fu avvolta dalle fiamme nell’incendio del 4 dicembre 1532) ha provocato scambi di isotopi che hanno portato a un arricchimento di carbonio radioattivo, facendo risultare in proporzione più “giovane” il tessuto. La reazione è stata favorita dalla presenza dell’argento che ricopriva la cassetta»[3]. Non viene fatto il nome di Kuznetsov, ma è scontato un riferimento al suo (presunto) esperimento sulla simulazione dell’incendio (c’è anche stato un italiano, Mario Moroni, che ha tentato di replicare il risultato, ma senza riuscirci o comunque con risultati inconcludenti). Del resto, la frase citata è pressoché identica a una frase che è tuttora nel sito di “Collegamento” e che in origine, come dicevo sopra, conteneva anche l’esplicito riferimento al nome di Kuznetsov. Va notato che, abolendo la citazione di qualsiasi autore a cui attribuire l’affermazione relativa all’incendio, il fenomeno dichiarato, cioè quell’impossibile “scambio di isotopi”, appare come se fosse ovvio e comprovato.
Tenendo nascosto lo smascheramento di Kuznetsov, i sindonologi sono imprevidenti perché espongono anche altri, incolpevoli, al rischio di citare le sue tesi come valide. Monsignor Rino Fisichella ha partecipato alla trasmissione Porta a Porta (Rai 1) del 29 marzo 2007, dedicata a un film su Gesù. Negli ultimi minuti il discorso verteva sulla Sindone e in particolare sulla datazione del 1988. Fisichella ha dichiarato: «Dopo diquelle [del 1988] sono state fatte altre analisi, lei pensi in laboratori russi, dopo alcuni anni, fuori quindi da ogni area più o meno sospetta, e hanno dato dei risultati molto differenti e quindi la Sindone viene ancora datata nel primo secolo». Il riferimento ai “laboratori russi” è chiaramente da intendersi come relativo a Kuznetsov. Mons. Fisichella è il Rettore della Pontificia Università Lateranense e ha titolo di vescovo. Se i sindonologi non avessero tenuto nascosta la verità su Kuznetsov, probabilmente il monsignore in questi anni ne avrebbe sentito parlare e avrebbe ora evitato di esporsi con una affermazione tanto lontana dal vero.
Infine una segnalazione di segno contrario: finalmente c’è stato un sindonologo, Michele Salcito, che ha rotto il silenzio. Nel suo sito[4], Salcito fornisce numerosi link a pagine di altri siti, e fra questi ce n’è uno alla pagina nel sito del Cicap con il dossier su Kuznetsov. Non è molto perché Salcito non spende una parola di presentazione o commento e tralascia di indicare anche il link alla pagina con la biografia di Kuznetsov, che andrebbe letta assieme al dossier. Comunque meriterebbe un premio per essere stato finora l’unico sindonologo (per quanto io abbia notato) che non ha cercato di nascondere la notizia dell’inchiesta su Kuznetsov. Naturalmente possono esserci stati altri suoi colleghi che hanno dato la notizia ma di cui non sono a conoscenza.

CICAP-L'UOMO CHE SALVO' LA SINDONE

La pubblicazione dei lavori di Kuznetsov nel 1994-96, su autorevoli riviste scientifiche, liberò l'entusiasmo dei fautori della Sindone, i quali pensarono di disporre finalmente di un valido motivo per rifiutare il responso medievale del test del radiocarbonio. Vediamo qualche esempio di come la buona nuova fu propagandata in Italia.

L'esperimento della simulazione d'incendio venne annunciato in anteprima su Sette (supplemento al Corriere della Sera del 17 novembre 1994), col titolo "Sindone, e adesso il caso è riaperto". Vi si leggeva: "Con la collaborazione di un sindonologo italiano, Mario Moroni, Kouznetsov ha preso un lino del primo secolo proveniente da En Gedi, in Israele. Per la "datazione" col C14 si è poi rivolto proprio a uno dei tre laboratori dell'88, quello di Tucson, Arizona. "Un periodo compreso fra il 100 a.C. e il 100 d.C.", è stata la risposta. Quindi, Kouznetsov ha sottoposto il lino a un incendio identico a quello che la Sindone subì il 4 dicembre 1532 a Chambéry. ... E infatti, dopo l'esperimento di Kouznetsov, il lino di En Gedi è stato nuovamente datato con il sistema del C14. E, a causa della presenza di argento fuso, è risultato più "giovane" proprio di tredici secoli".

Si vede che qui viene introdotto un equivoco che sarà poi altre volte ripetuto dai sindonologi: si fa credere che Kuznetsov, per il suo esperimento, abbia fatto eseguire la datazione presso il laboratorio di Tucson. In realtà, non solo gli scienziati di Tucson non hanno collaborato con lui, ma hanno espresso aspre critiche contro il suo lavoro (Tucson aveva sì datato un campione dalla stessa partita di tessuto, ma in un contesto del tutto indipendente dai lavori di Kuznetsov).

Secondo la sindonologa Emanuela Marinelli, intervistata nell'articolo di Sette: "L'esame di Kouznetsov non dimostra che la Sindone sia autentica, ma distrugge in modo inconfutabile quella che era stata spacciata come la prova definitiva della sua falsità".

In una "guida" alla Sindone diffusa dalle edizioni San Paolo nel 1997, in vista dell'ostensione, Lamberto Schiatti scriveva: "Lo scienziato russo Dimitri Kouznetsov ha dimostrato sperimentalmente che l'incendio di Chambéry ha modificato la quantità di carbonio radioattivo facendo risultare più giovane il tessuto".

Vittorio Messori, assai noto giornalista e scrittore cattolico, interveniva sul Corriere della Sera del 13 aprile 1997 (all'epoca dell'incendio della Cappella del Guarini): "Nessuno, oggi, cita più quei test [del 1988], che sono contraddetti da centinaia di altri scienziati. Pensate che è stato proprio un fisico russo ex-comunista, già insignito del premio Lenin - parlo di Dimitri Kouznetsov - a dimostrare che un telo sottoposto a un grande calore, quale quello che la Sindone subì durante l'incendio di Chambéry nel 1532, quando fu aggredita dalle fiamme mentre era chiusa in una cassa d'argento, si arricchisce di carbonio, risultando più "giovane"".

Mario Cappi, in un libro pubblicato dall'editrice Messaggero di S. Antonio nel 1997, dice che Kouznetsov e Ivanov, al congresso di Roma nel 1993, presentano una relazione che è "la prova scientifica che il metodo usato dai laboratori di Oxford, Tucson e Zurigo è sbagliato". Spiega poi che: "A smascherare, spiegare l'errore in cui erano caduti i tre laboratori non è un cattolico, proteso a cercare nel telo di Torino qualche traccia del Divino, ma è uno scienziato insignito delle onorificenze concesse dal regime sovietico, un "premio Lenin": il professor Dimitri Kouznetsov".

La rivista Il Messaggero di S. Antonio (febbraio 1998 nell'edizione inglese) ha un'intervista alla sindonologa Maria Grazia Siliato. Alla domanda su come si possa rifiutare il risultato della datazione, la Siliato risponde: "[Il risultato] è stato smentito dalla stessa scienza, in particolare da uno scienziato russo, Dimitri Kuznetsov, insignito del premio Lenin. Lui non aveva idea di che cosa la Sindone rappresentasse, ma è uno dei massimi esperti mondiali nella datazione di tessuti". Segue il solito racconto e alla fine la Siliato conclude con un'acuta osservazione: "Chissà di quanto è ulteriormente ringiovanita la Sindone dopo l'ultimo incendio del 1997"!

Con la disavventura della sua carcerazione, nel 1998, il prestigio internazionale di Kuznetsov presso i sindonologi fu messo a dura prova, ma in Italia si è continuato a lodarlo. Ecco il teologo domenicano Padre Giovanni Cavalcoli, sulla rivista 21mo secolo - Scienza e Tecnologia (n. 3, 2000): "Riguardo alla datazione del tessuto sono state effettuate analisi con il metodo del radiocarbonio (14C) che hanno fornito dati interpretati in modo contraddittorio da diversi gruppi di ricerca. Alcuni valutano che il telo si possa datare tra il 1260 e il 1390. Altri, come Dimitri Kouznetsov, premio Lenin per la scienza, ritengono che gli eventi storici che hanno interessato il telo della Sindone possano averne alterato il contenuto di 14C provocandone un apparente ringiovanimento".

Pier Giuseppe Accornero, sacerdote e giornalista, ripete la solita storia in un libro delle edizioni Paoline uscito nel 2000: "Dal 1988 a oggi numerosi ricercatori hanno confutato le conclusioni del C14. Fra gli altri il russo Dimitri Kouznetsov, "Premio Lenin per la scienza" e ricercatore del laboratorio fisico-chimico di Mosca, individua l'errore commesso dai carbonisti. Nel 1994 invia a Tucson un lino del secolo I dopo Cristo rinvenuto a En Gedi in Israele chiedendo di datarlo con lo stesso procedimento usato per il sudario. Tucson conferma: risale al secolo I. Kouznetsov sottopone il lino agli effetti di un incendio come quello di Chambéry. L'alta temperatura fa fondere il metallo della cassetta d'argento, produce effetti tali da arricchire di carbonio la stoffa e "ringiovanisce" la tela. Difatti il successivo esame del C14 attribuisce al lino di En Gedi un'età più giovane di 1300 anni".

I sindonologi citano spesso l'onorificenza del premio Lenin, ma dimenticano sempre di darne la denominazione completa. Lo stesso Kuznetsov non ha mai nascosto che si tratta del "Lenin Komsomol", cioè di un premio riservato ai membri dell'organizzazione giovanile del Partito comunista sovietico.

Infine, in una trasmissione televisiva su RaiTre, il 13 agosto 2000, nei giorni dell'ultima ostensione, il commento recita: "Lo studioso russo Dimitri Kuznetsov riapre la questione. Il C14, dice, ha dato uno pseudorisultato perché le alte temperature della Sindone nel 1532 hanno arricchito le fibre proprio di carbonio 14, ringiovanendo il lenzuolo. Quel lino può avere benissimo duemila anni, dunque".

SINDONE:L'ESAME AL RADIOCARBONIO

La Sacra Sindone e l’esame al radiocarbonio
admin il Friday, 06 May @ 00:00:00 CEST


Sette, supplemento del Corriere della Sera del 17novembre 1994

La stessa Scienza (di più: la stessa tecnica del C14, cioè la datazione col radiocarbonio) dimostra oggi che quella che era stata presentata come la Prova - anche qui, con l’iniziale maiuscola - della falsità della Sindone, una prova, in realtà non era. E a smascherare l’errore in cui sono caduti i laboratori dio Oxford, Tucson e Zurigo non è un fervente cattolico tutto proteso a cercare, in quel lenzuolo, qualche «traccia» del Divino: ma è, anzi, uno scienziato insignito della più alta delle onorificenze concesse al regime sovietico. E’ infatti il Premio Lenin professor Dimitri A.Kouznetsov, del Laboratorio dei metodi di ricerca fisico-chimica di Mosca.



di Michele Brambilla






Ricordate? Era il 13 ottobre 1988 quando l’allora arcivescovo di Torino, cardinale Anastasio Ballestrero, annunciò ufficialmente che la Scienza - quella con la S maiuscola - aveva stabilito, senza ombra di dubbio, che la Sindone non era altro che un «falso» medievale. Quel telo in cui centinaia di migliaia di fedeli avevano creduto di venerare, per secoli, il lenzuolo che avvolse il corpo di Gesù dopo la crocefissione, risaliva, in realtà a un periodo compreso fra il 1260 3 il 1390 dopo Cristo. Così avevano stabilitò i professori di tre prestigiosi laboratori di Oxford, Tucson e Zurigo dopo aver sottoposto alcuni frammenti del telo al test del radiocarbonio. Il caso -Sindone era dato per chiuso.

Ma ora si riapre. Perché la stessa Scienza (di più: la stessa tecnica del C14, cioè la datazione col radiocarbonio) dimostra oggi che quella che era stata presentata come la Prova - anche qui, con l’iniziale maiuscola - della falsità della Sindone, una prova, in realtà non era. E a smascherare l’errore in cui sono caduti i laboratori dio Oxford, Tucson e Zurigo non è un fervente cattolico tutto proteso a cercare, in quel lenzuolo, qualche «traccia» del Divino: ma è, anzi, uno scienziato insignito della più alta delle onorificenze concesse al regime sovietico. E’ infatti il Premio Lenin professor Dimitri A.Kouznetsov, del Laboratorio dei metodi di ricerca fisico-chimica di Mosca.

Con la collaborazione di un sindonologo italiano, Mario Moroni, Kouznetsov ha preso un lino del primo secolo proveniente da En Gedi, in Israele. Per la «datazione» col C14 si è poi rivolto proprio a uno dei tre laboratori dell’88, quello di Tucson, Arizona. «Un periodo compreso fra il 100 a.C. e il 100 d.C.», è stata la risposta. Quindi Kouznetsov ha sottoposto il lino a un incendio identico a quello che la Sindone subì il 4 dicembre 1532 a Chambéry. Di quell’incendio, la Sindone porta ancor oggi i segni: due lunghe striscie scure provocate dalla fusione della cassetta d’argento in cui era rinchiuso quando fu aggredita dalle fiamme. L’argento fa da catalizzatore per la «carbossilazione della cellulosa», arricchendo la tela di carbonio. E infatti, dopo l’esperimento di Kouznetsov, il lino di En Gedi è stato nuovamente datato col sistema del C.14. E, a causa della presenza di argentofuso, è risultato più «giovane» proprio di tredici secoli.

Già altri studiosi avevano cercato di confutare la datazione medievale. Ad esempio, la professoressa Emanuela Marinelli e il giornalista del Messaggero Orazio Petrosillo con il libro La Sindone - Un enigma alla prova della scienza (Rizzoli, ’90); il professor Pierluigi Baima Bollone, ordinario di medicina legale all’Università di Torino, col suo Sindone o no (Sei editrice, ’90), e, quest’anno, il medico Sebastiano Rodante con La scienza convalida la Sindone - Errata la datazione medievale (editore Massimo, 98 pagine, 18.000 lire). In tutti questi libri si elencavano i molti indizi a sostegno dell’autenticità della Sindone, e si accusavano di scarsa professionalità e tre laboratori incaricati della «datazione» dal cardinale Ballestrero. Lo stesso Kouznetsov aveva rimproverato Oxfors, Tucson e Zurigo di non aver tenuto conto delle contaminazioni subite nei secoli dalla Sindone; in particolare, appunto, dell’incendio del 1532. Kouznetsov aveva esposto queste sue convinzioni in un simposio a Roma nel giugno del ’93.

ma queste sue argomentazioni - così come quelle dei libri cui accennavamo - restavano sul piano della discussione teorica. Erano insomma indizi dell’inattendibilità dell’esame col C14: ma non prove. Ora invece Kouznetsov può smentire la datazione medievale con un esperimento concreto. Un esperimento che sarà pubblicato sul Journal of Archaeological Science, e che la professoressa Emanuela Marinelli, 43 anni, romana, laureata in scienze alla Sapienza, fondatrice del Gruppo collegamento pro-Sindone anticipa ora a Sette.

«L’esame di Kouznetsov non dimostra che la Sindone sia autentica», dice Emanuela Marinelli, «ma distrugge in modo inconfutabile quella che era stata spacciata come la prova definitiva della sua falsità». Il tono è quello, soddisfatto, di chi vede premiati anni di studio, di indagini, di ricerche. « Se la Sindone è falsa», continua, « nessuno di noi perde la fede, questo è chiaro. ma se è autentica sarebbe pazzesco trattarla come uno straccio. Vorrebbe dire buttare via un segno straordinario che Dio ha voluto lasciarci. Ecco perché, mossi da molti dubbi suscitati dall’esame col radiocarbonio, non ci siamo arresi».

Continuando, come in un giallo che sembra non finire mai, a indagare su questo lino lungo quattro metri e 36 centimetri e largo un metro e dieci, sul quale appare un’immagine di origine (su questo tutti concordano) misteriosa. Ora, archiviato il C14, si riparte da quanto le varie discipline della scienza avevano già accertato: il lenzuolo non è un dipinto e ha avvolto un uomo flagellato, coronato di spine, crocefisso con chiodi e trapassato da una lancia al costato; ci sono tracce di sangue (gruppo AB) e di siero; di aloe e mirra, sostanze usate all’epoca per la sepoltura; di pollini mediorientali e di un tipo di carbonato di calcio simile a quello trovato nelle grotte di Gerusalemme. E ancora: all’uomo avvolto in questo telo erano state messe, sugli occhi, due monete (anche questa, un’ usanza ebraica del tempo); una di queste monete è riconoscibile, e si tratta di un «dilepton lituus», coniato sotto Ponzio Pilato tra il 29 e il 32 dopo Cristo. Tracce, indizi che dopo l’esperimento di Kouznetsov riprendono consistenza.

Ma una nuova minaccia è in agguato. Viene da due libri pubblicati nei mesi scorsi in Germania: Kriminalfall Golgatha di Karl Herbst (un prete cattolico sospeso a divinis da ’71) e Das Jesus Komplott di Holger Kersten ed Elmar R. Gruber. Gli autori - ancor prima dell’esperimento di Kouznetsov - si erano convinti che la datazione medievale fosse una truffa. Ma sostengono che, a organizzarla, sia stato nientemeno che il Vaticano. Perché la Sindone, dicono i tre tedeschi, è autentica, ma è, per la Chiesa, una testimonianza da eliminare: «Dimostra che Gesù, quando fu avvolto nel lenzuolo, sanguinava ancora, e quindi non era morto, e quindi non resuscitò; un caso, insomma, di "morte apparente"»

«Si tenta», dice la professoressa Marinelli, «di mettere in gioco la fede rispolverando tesi vecchie e già smentite da anni. Tutti i medici che hanno esaminato la Sindone si dicono certi che in quel lenzuolo fu avvolto un morto. E poi anche Herbst, Kersten e Gruber, come già fecero i professori del radiocarbonio, si rifiutarono di rispondere al quesito di sempre: com’è rimasta impressa quell’immagine? Certo non con il semplice contatto del corpo con il lenzuolo: se così fosse, ci sarebbero macchie dove il corpo toccava il telo, e nulla dove in contatto non c’era. E invece nella Sindone sono riprodotti anche i "chiaroscuri", le parti del corpo che non potevano toccare il lenzuolo. L’immagine è completa, come quella di una fotografia, ed è tridimensionale. E’ come, insomma, se fosse stata proiettata. L’unica ipotesi plausibile avanzata finora dalla scienza è quella di una pioggia di radiazioni, dovuta a una grande luce». La risurrezione?

ELABORAZIONI ELETTRONICHE SULLA SINDONE

Delle tante elaborazioni elettroniche prevale certamente quella di Giovanni Tamburelli che a imitazione degli statunitensi J. Jackson e E. Jumper ha ottenuto indipendentemente e con metodo diverso l'immagine tridimensionale.
Gli statunitensi avevano scoperto infatti che la sindone contiene anche l'informazione per la terza dimensione in quanto la scoloritura della cellulosa è inversamente proporzionale alla distanza dal telo.
Al II congresso internazionale di sindonologia avevano portato anche il plastico costruito in conformità con tale informazione.

L'immagine elettronica di Tamburelli ripulita da tutto ciò che può disturbare il volto sindonico, alla ricerca di un volto precedente alle deformazioni causate dalle torture.

http://www.mogliano-veneto.tv/sindone/TP_elettronica.htm

LA SCRITTA GESU' NAZARENOS SULLA SINDONE

http://www.mogliano-veneto.tv/sindone/TP_scritta.htm
Nel maggio 1994 vien sottoposto all'INSTITUT D'OPTIQUE D'ORSAY di Parigi il problema della decifrazione delle scritte fantasma che sembravano apparire sulla sindone a diverse ricercatori già dal 1980. Il lavoro svolto dagli esperti in lettura digitalizzata delle immagini, André Marion e Anne-Laure Courage, che con l'avanzatissimo Microdensitometro dell'Istituto hanno soppresso dall'immagine i forti disturbi dati dalla trama e dai segni dell'impronta in modo da evidenziare solo le scritte "fantasma".

Il loro esame ha dato tra l'altro il seguente risultato:
- lungo la parete sinistra del volto la parola NAZARH/ENOS (che in greco si legge nazarenos);
- sotto il mento, un po' oblique, le lettere greche (I)HSOU(S) (in greco iesùs).
Tutto ciò induce a pensare che l'Autorità romana ha certificato la morte mettendo le monete romane sugli occhi e l'identità del condannato scrivendone il nome sopra il telo che avvolgeva verticalmente il defunto.
I due errori di ortografia nella parola Jesùs e Nazarenos (cioè l'H [eta] al posto della E [epsilon] (potrebbe però essere anche E in Nazarenos) potrebbero essere segni di autenticità e di antichità perché le parole Nazarenos e Jesùs non erano ancora entrate nella letteratura e quindi c'era libertà di traduzione ortografica.
Questa ipotesi risolve il problema di monete romane (con simboli pagani) in una sepoltura che è ebraica.
La ricerca non è terminata ma solo iniziata: si tratta di verificare materialmente la scritta nel rovescio del telo che è cucito sulla tela d'Olanda e di farne uno studio paleografico. Il tutto è rinviato oltre il 2000.

LE MONETE SULLA SINDONE

http://www.mogliano-veneto.tv/sindone/TP_prime_monete.htm
Nell'agosto del 1979 lo statunitense Francis L. Filas, professore all'Università di Chicago scopre che il corpo tondeggiante sull'occhio destro dell'uomo della Sindone è una moneta del tempo di Pilato. Gli elementi di identificazione della moneta (dilepton lituus) sono il bastone ricurvo (lituus) rovesciato (errore di conio) usato dagli auguri pagani e la successione di 4 lettere UCAI disposte ad arco tra le 9.30 e le 11.30, parte della scritta greca: TIBEPIOY KAICAPOC (di Tiberio Cesare); sul suo rovescio c'è la data LIS (= 16° anno di Tiberio, cioè 29-30 d.C.). C'è però un errore di conio: C invece di K. Nel settembre del 1992 si trova la moneta con il duplice errore di conio e con lo stesso LIS.
La presenza di tale monetina viene confermata da G. Tamburelli, M. Moroni (numismatico), gli statunitensi R. Haralick e A. Wangher. Anzi vengono rintracciate altre due monete.
L'8 luglio 1996 P. Baima Bollone, Colombo, Balossino, Siracusa e Zacà comunicano nel corso della trasmissione televisiva "Mixer" di essere riusciti a identificare la presenza di una moneta anche sul sopracciglio sinistro del volto dell'uomo della Sindone. È una moneta coniata da Ponzio Pilato, il lepton simpulum . Gli elementi di identificazione sono: il simpulum (mestolo per le libagioni) e la parte iniziale e terminale della scritta, TIB…LIS (di Tiberio Cesare anno 16°).
Queste monete sono state identificate soltanto nel secolo scorso.



La presenza delle monete nell'immagine tridimensionale di G. Tamburelli.
A questo punto sembra incontrovertibile la data della Sindone e la sua provenienza: ambiente palestinese e attorno alla data della morte di Cristo che come è ormai certo avvenne o il 7 aprile dell'anno 30 o il 3 aprile dell'anno 33.

Le prime monete che evidentemente portano l'immagine di Cristo, raffigurano un volto che ha una strettissima somiglianza con quello della sindone di Torino e partiamo già dal 692 con il solidus aureus di Giustiniano II, nel 843 con quello di Michele III e nel 944 con quello di Costantino VII Porfirogenito. Elementi in comune sono: il "rivolo" sulla fronte, le orecchie nascoste dai capelli, 5 punti di sovrapposizione dell'immagine.

I VANGELI E LA SINDONE

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Marco:
E (Giuseppe d'Arimatea) comprato una sindone, calatolo (dalla croce), (lo) avvolse nella sindone e … (15,46)

Matteo:
E preso il corpo (di Gesù) Giuseppe (d'Arimatea) lo avvolse in una sindone pura… (27,59)

Luca:
E calatolo (dalla croce) lo avvolse in una sindone … (23,52)
Allora Pietro alzatosi corse al sepolcro; e chinatosi vede solo i teli/sindone. (24,12)

Giovanni:
… come costume è presso i Giudei seppellire… (Gv)
… Giunge allora anche Simon Pietro che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro; e vede la sindone afflosciata, e il sudario, che era (stato messo) attorno alla testa di lui, non a guisa della sindone afflosciato ma invece arrotolato nello stesso luogo. … e vide e credette. (Gv 20,4-8)




CONCLUSIONE:
Tutti e quattro gli evangelisti concordano che Gesù ha avuto sepoltura privata grazie all'interessamento di Giuseppe d'Arimatea (località non lontana da Gerusalemme) presso Pilato. Marco, Matteo e Luca parlano di un solo telo/lenzuolo funerario detto sindone. Luca (23,52; 24,12) lo alterna con un altro nome: "othonia", evidentemente sinonimo al precedente anche perché vede solo quello. Giovanni specifica che il modo di sepoltura usato a Gesù è quello in uso presso gli Ebrei che ancor oggi seppelliscono il defunto totalmente nudo avvolgendolo in un lenzuolo in modo longitudinale. Il telo in cui viene avvolto Gesù lo chiama "othonia", plurale di "othonion" (= tela, vela, veste di lino, tunica leggera (Rocci) che è il sinonimo adoperato da Luca per sindone. Il plurale è quello caratteristico ebraico di eccellenza: come Dio per eccellenza (il Dio) è detto ELOHIM (dei). Giovanni parla però anche di un altro indumento funebre: il sudario che era stato messo attorno alla testa di Cristo a uso di mentoniera per tenerne chiusa la bocca come si usa anche da noi. Giovanni descrive accuratamente tali indumenti quando visita il sepolcro vuoto. La modalità in cui trova gli indumenti lo induce a credere: "e vide e credette". Che cosa ha visto per credere alla risurrezione e non al furto del cadavere ipotizzato dalla Maddalena? Gli indumenti non erano stati minimamente scomposti e lasciavano solo intravedere la mancanza del cadavere.

L'IMMAGINE SINDONICA

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Da che cosa è costituita l'immagine che si rileva sulla Sindone di Torino, se non c'è alcuna forma di colore o pigmento umano, animale o vegetale? se non è una sottile bruciatura (anche se può assomigliarvi)? se non è dovuta ad acido solforico (Vit-torio Delfino Pesce) né a fenomeni elettrici? Scientificamente non si può neanche ipotizzare un lampo di luce che provenga dal buio di un sepolcro oppure uno scoppio di energia nucleare che possano impressionare fotograficamente il telo.
Cos'è quest'immagine in se stessa?
Dovrà pure avere una sua materialità. Certamente è un'immagine materiale anche se la sua materialità è come inafferrabile.
Fotografata infatti dal rovescio del telo la pellicola non registra immagine di sorta come si può vedere dalla foto a "luce trasmessa", mentre si vedono le bruciature, le macchie di sangue e d'acqua. L'immagine che c'è sull'altro lato non produce contrasto: è come se fosse immateriale.
Ciò che gli esperti sembrano assicurarci è che si tratti di una scoloritura (strinatura): la cellulosa, in uno strato superficialissimo, si è intrinsecamente modificata o scolorita in modo da formare un'immagine color seppia (con tonalità inversamente proporzionale alla distanza dal telo) o meglio da fornire gli estremi per ottenere un'immagine bidimensionale nel negativo fotografico o tridimensionale nell'analizzatore elettronico di immagini spaziali di John Jackson ed Eric Jumper (NASA, Colorado Springs) oppure (e molto meglio) nel computer di Giovanni Tamburelli (CSELT, Torino).
L'immagine permane non spiegata

L'IDENTIFICAZIONE DEL'UOMO DELLA SINDONE

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IDENTIFICAZIONE DELL'UOMO DELLA SINDONE:

"Diversi studiosi, con atteggiamento critico e con l'intento di penetrarne il mistero, si sono chiesti e si chiedono se l'immagine impressa sulla Sindone è realmente quella di Gesù Cristo. Ovviamente anche questa ricerca, perché possa avere valore scientifico, deve basarsi esclusivamente su considerazioni oggettive. Ed ecco lo studio riferito al calcolo delle probabilità, fatto dal prof. Bruno BARBERIS dell'Università di Torino, il quale richiama e completa gli studi di Yves DELAGE (agnostico), Paul DE GAIL e Tino ZEULI. Il metodo di ricerca, anche se di assoluto rigore scientifico, si basa su considerazioni estremamente semplici. Ecco come procede il calcolo matematico delle probabilità:

Se si getta in aria una moneta, si ha una probabilità su due (1/2) che si ottenga il lato della moneta prescelto; se si getta in aria un dado, la probabilità che si ottenga la faccia del dado col numero prestabilito, sarà di una su sei (1/6). Gettando in aria simultaneamente moneta e dado, poiché i due eventi sono tra di loro indipendenti, la probabilità che si ottenga contemporaneamente il lato della moneta e la faccia del dado prestabiliti, sarà di una su dodici (1/2 x 1/6 = 1/12).

Ora prendiamo in esame le sette caratteristiche più significative comuni a Gesù di Nazaret (secondo il racconto evangelico) e all'Uomo della Sindone e vediamo quante sono le probabilità che tali caratteristiche si trovino riunite contemporaneamente su uno stesso uomo che abbia subito il supplizio della crocifissione.

1. Sia Gesù sia l'Uomo della Sindone sono stati avvolti in un lenzuolo funebre dopo la morte per crocifissione.
È noto che non molti crocifissi possono avere avuto una regolare sepoltura (era il supplizio più ignominioso riservato a schiavi, briganti, assassini e continuava dopo morte nel disprezzo al cadavere): una probabilità su cento (1/100).

2. Tanto a Gesù quanto all'Uomo sindonico è stato posto sul capo un casco di spine. Nessun documento storico ricorda una tale usanza. Limitiamo questa lontanissima probabilità a una su cinquemila (1/5000).

3. Il patibulum ha pesantemente gravato sulle spalle dell'Uomo della Sindone come su quelle di Gesù. Non sempre il condannato doveva portare il palo orizzontale della croce fino al luogo di esecuzione: una probabilità su due (1/2).

4. Stessa probabilità (1/2) per come risultano fissate le mani e i piedi al legno della croce. Si potevano fermare con inchiodamento o mediante una semplice legatura con funi.

5. Il Lenzuolo sindonico rivela una ferita al costato destro dell'Uomo che ha avvolto.
Il Vangelo di Giovanni (19,33-34) narra che a Gesù "...non spezzarono le gambe, ma un soldato gli aperse il costato con la sua lancia, e subito uscì sangue e acqua". Forse una probabilità su dieci (1/10).

6. L'Uomo della Sindone è stato avvolto nel lenzuolo appena deposto dalla croce, senza che venisse effettuata alcuna operazione di lavaggio e unzione del cadavere; lo stesso è accaduto per Gesù, in quanto stava per arrivare la Pasqua ebraica durante la quale nessun lavoro manuale poteva essere eseguito: una probabilità su venti (1/20).

7. La Sindone reca l'impronta del cadavere di un uomo senza tracce di putrefazione. Dunque essa ha avvolto un corpo umano per un periodo breve, e tuttavia sufficiente perché vi imprimesse un'orma. Il cadavere di Gesù rimase nel sepolcro per circa trenta ore, dalla sera del venerdì all'alba della domenica. È una straordinaria concordanza che autorizza a considerarla una probabilità su cinquecento (1/500).
Da questa analisi il Barberis ha poi ricavato la probabilità complessiva che è data dal prodotto delle singole probabilità considerate; eccola:




In linea con gli studiosi suoi predecessori, ha potuto dedurre che su 200 miliardi di ipotetici crocifissi UNO SOLO può aver posseduto le stesse identiche caratteristiche".
C'è una così perfetta corrispondenza tra il racconto evangelico della passione di Gesù e quanto registrato sulla Sindone che, matematicamente parlando, non c'è alcuna realistica probabilità che vi sia stato avvolto una cadavere diverso da quello di Gesù di Nazaret.
In conclusione si può matematicamente/statisticamente affermare che su 200 miliardi di crocifissi uno solo può avere le stesse caratteristiche dell'uomo della Sindone e cioè il Gesù di Nazaret dei vangeli; oppure si deve affermare che ci sono 199.999.999.999 probabilità su 200 miliardi di crocifissi che l'uomo della Sindone sia Gesù.
Forse in negativo si può anche affermare che c'è una sola possibilità che l'uomo della Sindone non sia il Gesù dei vangeli.

IL SANGUE DELL'UOMO DELLA SINDONE

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IL SANGUE DELL'UOMO DELLA SINDONE:

È il medico francese Pierre Barbet il primo a fare delle indagini ematologiche sulle macchie di sangue (1950). Ha rilevato che esse sono veramente di sangue perché hanno le caratteristiche dei coaguli ematici; esse conservano un color carminio più o meno intenso mentre il sangue essiccato diventa rapidamente nero; l'intensità del colore è in rapporto diretta con la corposità del coagulo; le macchie mostrano per lo più bordi netti; nell'iconografia non c'è alcun riscontro del genere.
Nel 1969 con la Commissione Pellegrino si dà il via ad ulteriori studi che confermano le affermazioni di Barbet. Nel 1981 Baima Bollone in maggio dinanzi all'Accademia di Medicina di Torino, gli statunitensi J. H. Heller ed A. D. Adler in agosto all'Università McMaster di Hamilton, comunicano di essere riusciti a provare che si tratta di sangue umano, che successivamente sarà individuato come gruppo AB proprio come il sangue di Lanciano (dove il pane si mutò in carne e il vino in sangue nel sec. VIII e vi si conserva tuttora) e il sangue del Sudario di Oviedo (Spagna, Asturie).
In conclusione sulla Sindone si riscontra:
- sangue umano, del gruppo AB (gruppo piuttosto raro, in Italia il 5% della popolazione);
- sangue vivo coagulato essiccato, di tipo venoso e arterioso, perfettamente conservato;
- sangue morto essiccato, in decomposizione: la parte ematica separata dalla parte sierosa (ferita al costato).




Torino è n lenzuolo di lino che misura cm 436x110Conservat a a Torino è n lenzuolo di lino che misura cm 436x110 (437x111) , f ilat o e t essut o a mano con e irregolarit à. Il disegno a spina di pesce gli conferisce un aspet t o nobile e prezioso. L’eccezionale morbidezza del t essut o è conservat a a

PERCHE' L'IMMGINE DELLA SINDONE E' AUTENTICA

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PERCHE' L'IMMAGINE DELLA SINDONE E' AUTENTICA:

1- La Sindone non sembra falsificabile: nessuno è riuscito finora a produrne un sosia.

2- Totale assenza di pigmento, colore, vernice ... L'immagine non è dovuta a colorazione, ma a scolorazione: il come non è conosciuto.

3- L'immagine è impressa al rovescio di quanto richiede il nostro occhio (= negativo ottico): c'è stato un rovesciamento di luci e ombre. Di conseguenza solo la fotografia nel suo negativo ha rivelato l'immagine che stava nascosta e che i grandi pittori non erano riusciti a decifrare.

4- Il computer ha rivelato la tridimensionalità dell'immagine e la sua assenza di direzionalità: cosa impossibile per qualsiasi falsario.

5- Ci sono delle informazioni non visibili a occhio nudo.

6- Ci sono poi diverse informazioni non compatibili con la cultura medioevale:
- la distinzione tra sangue venoso e arterioso, come appare dalle macchie di sangue, è solo del 1500;
- il modo della coronazione di spine è in netta opposizione con quello dei pittori e scultori;
- così pure la trafittura dei chiodi ai polsi e non al palmo della mano (la crocifissione era stata abolita da Costantino e le sue modalità dimenticate: il chiodo piantato nel palmo non tiene ma lacera la mano a causa del peso in trazione);
- la sparizione del pollice dovuta a contrazione del nervo mediano.


LA DATAZIONE AL CARBONIO:
1- È l'unica (finora) nota stonata del concerto sindonico.

2- Non nega l'autenticità dell'immagine sindonica, ma contraddice la data del telo.

3- L'esistenza della sindone prima dell'anno mille è più che documentata..

4- Non può essere medioevale (vedi al precedente n. 6) e inoltre:
a) è stato prelevato da un lato della sindone che era stato rattoppato agganciandosi direttamente ai fili precedenti della sindone, il che ha comportato la non omogeneità del peso dei singoli pezzi sindonici consegnati ai 3 laboratori;
b) lo scienziato russo Dimitri Koutznetsov ha dimostrato come l'incendio di Cham-béry può aver notevolmente ringiovanito il carbonio 14 anche di 1000 anni, portando così gli scienziati a una data enormemente errata, come è già capitato (vedi ad esempio la mummia di Manchester - 1000 anni di differenza tra ossa e telo! -; oppure il cotone peruviano del 1200 d.C. datato dal laboratorio di Zurigo con 1000 anni di differenza dalla data certa già conosciuta).



La mummia di Manchester: 1.000 anni di differenza tra telo e ossa.

6- La prova al carbonio è inoltre priva di affidabilità scientifica per le anomalie procedurali che ne invalidano i risultati:
a) non si è proceduto alla cieca come era previsto dal protocollo, i laboratori cioè non dovevano sapere quale dei quattro era il pezzo sindonico;
b) è poi decisivo il fatto di aver rivelato ai laboratori le date dei 3 campioni-spia che avrebbero dovuto verificare l'attendibilità della datazione al C14. Tale rivelazione rende la prova scientificamente inaffidabile (la scienza non è fiducia, ma constatazione);
c) secondo gli esperti di statistica, l'età media della Sindone ottenuta dai tre laboratori è priva di valore perché il laboratorio di Oxford ha dato sul campione sindonico un risultato che si discosta notevolmente da quello degli altri due. In termini statistici ciò vuol dire che non c'è omogeneità fra i tre campioni e quindi vi sono 957 probabilità su 1000 che la datazione radiocarbonica non sia rappresentativa di quella della Sindone".
NB. Williard Frank Libby è l'inventore della datazione ed è stato per questo insignito del premio Nobel. Lui stesso ne ha rilevato i limiti soprattutto per i materiali tessili.

LA SINDONE RACCONTATA DA SERGIOPAOLO

LA SINDONE RACCONTATA DA SERGIOPAOLO


http://www.massimopolidoro.com/blog/a-proposito-della-sindone.html

La Sindone,rimane un mistero,ma saremmo tutti felici se la scienza
riuscirà a svelare il segreto.Fino al giorno in cui la scienza svelerà
completamente la Sindone,si susseguiranno varie ipotesi.
Fino a quando sono ipotesi scientifiche,sono bene accette,e dobbiamo
ringraziare anche il CICAP,per la sua costante ricerca della verità
scientifica.Ma se a fare i sindologi sono ciarlatani e romanzieri,non lo
accettiamo,perché seminano confusione inutile ed equivoci specie nei
creduloni.Ecco un altro esempio del genere.Sul web c’è un sito
di un certo Ferdinando Giannone,questo vi publica un suo personale
romanzo sulla Sindone,dal titolo;”La Sacra Sindone falso dei falsi”
Nel romanzo espone la sua tesi;nel 1353 Goffredo di Charny,si
fa confezionare una Sindone come sacra reliqua,da un bravissimo
ritrattista e copista dell’epoca.Viene usato un cadavere idoneo,a cui
si fanno le appropiate ferite,e l’immagine sindonica viene ottenuta
per contatto diretto.Viene fuori una Sindone talmente perfetta,da
essere creduta autentica fino al 2000,quando poi degli analisi
specialistici hanno scoperto che si tratta di un falso.


Due strani ricercatori inglesi sono arrivati ad affermare che la Sindone sia opera di Leonardo da Vinci, Clive Prince e Lynn Picknett. Qui siamo veramente all’assurdo: non fosse altro, perché quando la Sindone viene consegnata alla famiglia Savoia (22 marzo 1453), Leonardo era ancora nella culla. Ed il lenzuolo, con tanto di immagine sopra, era in giro per la Francia da un secolo. Ovviamente la difficoltà viene aggirata dai due inglesi con molta disinvoltura: il telo non sarebbe lo stesso. Fra l’arrivo della Sindone, proveniente da Lirey, nelle mani dei Savoia, e la pubblica esposizione avvenuta a Vercelli nel 1494 ci sarebbero circa 40 anni di nascondimento. La costruzione della Sainte-Chapelle, nella quale la reliquia viene posta nel 1502, “era forse - insinuano i due scrittori - per divenire la sede di una nuova, e migliore, Sindone?” Il famoso lino sarebbe nientemeno che un autoritratto di Leonardo da Vinci, fabbricato nel 1492 su commissione della Chiesa per avere una falsa Sindone. Secondo gli autori inglesi, Leonardo “potrebbe aver inventato una prima forma di fotografia per creare l’immagine negativa sulla Sindone”. Egli avrebbe impiegato una specie di camera oscura, delle lenti e una tela “sensibilizzata” con alcuni ingredienti. Quali? Prince e la Picknett partono da sale (di cromo) e bianco d’uovo, poi tentano il succo di limone (poco ci mancava per una maionese) e arrivano alla sostanza con cui ottengono i risultati “più simili alla Sindone”. Scusandosi per l’indelicatezza, la nominano: “urina”. Poi 6-12 ore di esposizione di fronte ad un modello illuminato con lampade UV per simulare “il caldo sole italiano” e il gioco è fatto. Per la perfezione anatomica del modello, nessuna difficoltà: “Leonardo aveva avuto un permesso speciale dalla Chiesa per la dissezione dei cadaveri freschi provenienti dagli ospedali”. Si lava la tela in acqua fredda, si espone al calore, poi si lava in acqua calda e detergente. Così resta solo l’immagine “strinata” e indelebile. Qualche ritocco di sangue completa l’opera. Come sempre, i “moderni falsari” mostrano quello che hanno ottenuto, più o meno somigliante alla Sindone: ovviamente all’apparenza, da verificare in laboratorio. “Non sappiamo quanto tempo Leonardo abbia impiegato a realizzarla”, ammettono, bontà loro, i due inglesi. Ma non dubitano sull’autore. La Picknett dice di aver ricevuto un messaggio tramite la “scrittura automatica” firmato “Leonardo”. Il libro di questi pseudo-ricercatori inglesi dal
titolo;”la Sindone di Torino,di chi è l’immagine?”,Ha avuto successo.
Tanto successo ,che è stato imitato,da altri,come Vittoria Haziel,la
quale nel suo libro;”La passione secondo Leonardo”,ripropone in
modo acritico,le assurde conclusioni presenti nel libro di L.Picknett
e C.Prince.Anche V.Haziel ha avuto successo.Non sappiamo ancora se la Sindone è falsa,ma libri falsi sulla Sindone sono in continuo aumento,non servono alla scienza,ma nel confondere le idee alla
gente comune,fanno avere successo e ricchezza agli autori,
quindi perchè non dire falsità sulla Sindone?
Meno male che ci sono persone serie,studiosi e scienziati e organi
di controllo come il CICAP.

L’ipotesi che la Sindone,sia un immagine fotografica,è stata studiata,
da molti Sindologi,i quali hanno trovato difficoltà.Una tecnica fotografica primitiva non spiega la colorazione superficiale delle fibre del lino.Non esistono tracce storiche della conoscenza e dell’uso di
tecniche fotografiche prima del XIX secolo.Nel basso Medioevo era
nota la camera oscura,ma questa poteva solo proiettare un’immagine,
non imprimerla in modo indelebile su una superfice.Per imprimerla
è necessario l’uso di sostanze fotosensibili(ad esempio il nitrato
d’argento);la Sindone avrebbe dovuto essere spalmata o impregnata con questi materiali,ma le analisi sulla Sindone non ne hanno trovato
traccia.La camera oscura,prima del XIV secolo non era dotata di lente,quindi per ottenere un immagine a fuoco bisognava usare
un foro molto piccolo.Di conseguenza l’illuminazione sarebbe molto
ridotta e avrebbe richiesto un tempo di posa lunghissimo,di diverse
ore se non addirittura di giorni per scattare le due immagini,
frontale e dorsale.Sarebbe stato estremamente difficile,con la
tecnologia disponibile nel XIVsecolo,mantenere un ‘illuminazione
uniforme e costante del modello per tutto il tempo necessario.
Se come modello si fosse usato un cadavere,questo si sarebbe decomposto durante l’esposizione.
Nicholas Allen,asserisce che la Sindone si può realizzare con una
lente al quarzo,nitrato d’argento e luce solare naturale.
Si otterrebbe una”strinatura del lino indotta chimicamente”.
La lente sarebbe stata posta a metà stada tra il corpo e il lenzuolo,
che doveva essere ad otto metri di distanza.Allen ritiene che la
Sindone possa essere la più antica fotografia del mondo,un manichino
o un cadavere dipinto di bianco sarebbe stato appeso sotto il sole,
in posizione verticale,per molti giorni,difronte una rudimentale
camera oscura contentente la Sindone trattata con nitrato d’argento.
L’immagine ottenuta sarebbe poi stata fissata con una soluzione
ammoniacale diluita.Ci sono delle difficoltà;un cadavere appeso al
sole per molti giorni si sarebbe decomposto per il rigor mortis.
Un manichinouna statua così perfetta dal lato anatomico,non si
poteva realizzare nel Medio Evo.Infine come spiegare i coagui
ematici se non con il contatto diretto con il cadavere?


Sta diventando una fissazione,la Sindone è di qualsiasi persona,
tranne di Gesù.
Ancora libri fantascientifici,che hanno successo,siccome la gente
stufa della razionalità,ama tutto ciò che è misterioso e occulto.
Siamo nella New-Age o no?
Ecco altri inglesi esoteristi;Christofer Knight e Robert Lomas,che hanno
avuto molto successo con il loro libro;”Il secondo Messia”.
Questi esoteristi,nel loro libro hanno cercato di dimostrare che
la Sindone,è stato il lenzuolo funebe del Gran Maesto Templare
Jacques de Molay.Con uno studio approfondito,essi hanno dapprima
sondato la parte storica,poi quella religiosa ed infine quella tecnica,
provando addirittura a fare una copia delle impronte della Sindone
con un uomo ben verniciato e fatto stendere su di un lenzuolo.
Essi sostengono,che l’impronta dorsale dell’uomo della Sindone
può essere fatta soltanto distendendo il soggetto su un soffice letto,
in quanto infossandosi,avrebbe potuto così lasciare l’impronta,
a differenza di poggiare il corpo su un piano di pietra.
Il Gran Mestro secondo loro sarebbe stato posto nel lenzuolo
ancora vivo,dopo aver subito orribili torture.Ma le analisi
chimiche sulla Sindone dimostrano che le macchie di sangue e siero
sono state prodotte da un cadavere,infatti determinati liquidi
ematici e sierosi non possono fuoriuscire da un corpo nel quale vi
è ancora la vita:addirittura sulla Sindone sono state trovate tracce di
alcuni escreti di cui si ha la fuoriuscita soltanto dopo 12-18 ore
dopo la morte del soggetto.Scienziati di medicina legale e antropologi
hanno dimostrato che la muscolatura del soggetto della Sindone
è quella di un uomo sulla trentina d’anni,abbastanza esile con capelli lunghi.Il Gran Maestro invece era vecchio di 67 anni,grassoccio
e aveva capelli cortissimi secondo la regola templare.
Gli studiosi della Sindone,hanno sempre provato che l’immagine
sindonica,non è stata provocata dal semplice contato diretto
con un cadavere,in tal caso si avrebbero macchie solo dove
il telo tocca il corpo,invece sulla Sindone c’è immagine anche dove sicuramente non c’era contatto.Mentre nel contatto diretto si
ha un’immagine deformata e allargata,sulla Sindone i chiaroscuri
sono proporzionali alle diverse distanti esistenti fra corpo e telo nei vari punti di drappeggio.Sulla Sindone sotto le macchie di sangue
non esiste immagine del corpo:il sangue depositatosi per primo
sulla tela,ha schermato la zona sottostante,mentre si formava
l’immagine.I due esoteristi inglesi non badono alle falsità
da loro raccontate,loro sostengono che la nobile famiglia
De Charney,aveva ereditato la Sindone,lenzuolo che secondo
loro avvolse il Gran Maestro,dal loro antenato templare morto
insieme al Gran Maestro.


La fotografia rese imporante la Sindone.
Nell’antichità,non c’erano le conoscenze scientifiche,come la chimica,
la fisica,non c’erano strumenti scientifici per verificare l’autenticità
di una qualsiasi reliqua,come prova,i fedeli avevano la miracolosità,
se la reliqua faceva il miracolo era vera se no no.
Sarebbe stato accettato come Sindone qualsiasi falso,fatto anche
nel modo più semplice.Il falsario non avrebbe avuto problemi,bastava
poco per fare una reliqua.Si credeva alla cieca,bastava il miracolo
come prova.Sino alla fine del secolo scorso la Sindone,pur venendo
venerata,non suscito grosse polemiche e seri interessi.
L’interesse cominciò con la prima foto fattale,su richiesta del
card.A.Richelmy,all’avvocato Secondo Pia il 25 Maggio del 1898.
Questi,con immenso stupore e con vera commozione,scoprì così
che l’immagine della Sindone è un negativo fotografico.
A questo punto,iniziano gli scontri tra pregiudizio e fede.
Si schiera contro l’autenticità della Sindone anche un ecclesiastico,
Ulysse Chevalier,e contro di lui insorge un ateo,Yves Delage.
Delage insieme ad un altro scienziato P.J.Vignon,si misero a
studiare la fotografia di S.Pia,e diedero così il via a un’infinità
di ricerche scientifiche che ancora non finiscono.
Nel 1931,al fotografo più famoso Giuseppe Enrie fu permesso
di fotografare di nuovo la Sindone.Incominciarono ad interessarsi
alla Sindone una moltitudine di chirurghi,di medici,di chimici,
di fisici e fotografi.Molto importante fù lo studio del prof. Pierre
Barbet,il quale fece delle importanti scoperte,specie sulla crocifissione.A lui seguirono altri studiosi,e dopo poco tempo,
gli studi rivelavano delle scoperte sensazionali,come quella
delle impronte di 2 generi:quelle del corpo al negativo,e quelle
dl sangue al positivo,e anche che il sangue era sia vivo che
cadaverico,e veniva stabilito che un falsario del passato non
sapeva ancora dell’esistenza dei due tipi di sangue,non si
conosceva il processo di coagulazione e fibrinolitico.
Sulla Sindone furono trovati i 4 tipi di sangue;arterioso,venoso,misto
e cadaverico.La circolazione del sangue e quindi la conoscenza
di qusti 4 tipi di sangue fù scoperta solo nel 1593 da Andrea
Cisalpino,mentre la Sindone fù esposta in publico già il 1356.
Fù scoperto che alle ferite corrispondeva il sangue giusto,esempio
vicino ad un arteria c’era sangue arterioso e vicino una vena
venoso.Barbet scopri il perché,le ferite dei chiodi sono nei polsi
invece che nelle mani,facendo lui stesso esperimenti di anatomia,
capì che in un cadavere inchiodato alle mani in una croce,i tessuti
cedonoe ilcorpo cade a terra.Questo nel pasato non si conosceva,
e i pittori hanno sempre dipinto i chiodi dentro il palmo delle mani.
Fù scoperto che al soggetto della Sindone,mancano le impronte
dei pollici,e questo si conosceva solo da poco,che i chiodi ai polsi
feriscono il nervo mediano che fa contrarre”l’eminentia tenar” e
quindi si contraggono i pollici,in passato questo non si sapeva.
Furono rivelate le impronte invisibili a occhio nudo,come le colature
di sangue da ogni colpo di flagello.Un studioso Max Frei,scopri
che il polline sulla Sindone veniva dalla Palestina e dall’Asia minore,
dalla Francia e dall’ Italia.Lo studioso Gilbert Raes scoprì che il telo sindonico era tipico del Medio Oriente nel 1 secolo,tessuto a mano.
Con il passare degli anni ci sono stati moltissimi studi,e moltissime ipotesi.Le ipotesi più conosciute sono;teoria della pittura,teoria vaporiografica,
teoria dell’immagine latente,teoria del contatto diretto,teoria della
strinatura,e teoria della irradiazione.


La Sindone in passato fù considerata autentica,non per le sue qualità fisiche,le impronte nemmeno si notavano specie guardandola da vicino,ma per la siua storia.La sindone era appertenuta al Maestro
Templare di Normdia Goffredo de Charny,ilquale sicuramente l’aveva trafugata a Costantinopoli,dove era stata portata dall’imperatore
bizantino Lacapeno nel 935 da Edessa,dove pare abbia soggiornato
per tutti quei secoli.Ultimamente si è scoperto che la Sindone sia stata custodita da Federico II di Svevia,prima di giungere a Lirey,
presso i conti de Charny,dove fù esposta al publico nel 1356.
Ma nel Maggio del 1898,l’avocato Secondo Pia la fotografò,accadde
una cosa sconvolgente,da quel lenzuolo che aveva vaghe macchie
che raffiguravano un uomo crocifisso,figura evanescente visibile solo
a distanza,appare una figura umana vera e chiara nei dettagli.
Si vedevano dei capelli lunghi,forse ondulati;poi la barba,anche
essa fluida e composta,e la forma nobile del viso:aveva gli occhi
chiusi,le palpebre pesanti.Lo zigomo destro sembrava tumefatto,
il naso anche;la guancia era gonfia;era il volto di un uomo seviziato.
Nessun suo muscolo,tuttavia,era rimasto contratto dallo spavento
o dallo spasimo.Inerme,e insieme invulnerabile,era meravigliosamente pacificato con la morte.
Nel 1931,il fotografo Giuseppe Enrie,fotografò la Sindone,furono
scoperte altre cose,come la mancanza dei pollici,le ferite dei chiodi
erano nei polsi,furono scoperte delle asimmetrie e deformazioni,
come nella mano destra con dita apparentemente troppo lunghe,
o nell’immagine frontale delle gambe,che sembrano sproporzionatamente lunge fra le ginocchia e le caviglie.
Gli studiosi hanno spiegato che le asimmetrie e le deformazioni,
presenti nella Sindone sono dovute alla piegatura del lenzuolo
che avvolgeva il corpo.Il volto,così come altre porzioni anatomiche
della figura,le gambe ad esempio,non è deformato.Qualunque
impronta su stoffa di un viso o di quelle parti del corpo mostra
sempre distorsioni,dovute alla tridimensionalità,al volto manca ogni
segno di allargamento in senso laterale della faccia,tale da giustificare
il contatto con la stoffa.La statura dopo ulteriori studi indica un
altezza da 178 a 185 cm.Come scoprì Secondo Pia,l’immagine è al negativo,cioè i chiaro scuri sono invertiti rispetto a quelli naturali:
infatti essa appare come positiva sul negativo fotografico acquisito
in luce visibile.Si noti però che l’immagine appare come positiva su un positivo fotografico acquisito nell’infrarosso.La colorazione del
telo interessa solo la parte più superficiale delle fibre di lino;
l’interno delle fibre non è colorato.La maggiore o minore intensità
del colore nei vari punti dell’immagine è dovuta esclusivamente al maggiore o minore numero di fibre colorate,mentre le singole
fibre hanno tutte la stessa intensità.Secondo alcuni studiosi
l’immagine è una sorta di proiezione verticale della figura del’uomo
della Sindone:le proporzioni del corpo sono infatti quelle che s
osservano guardando una persona direttamente o in fotografia,mentre l’immaggine ottenuta stendendo un lenzuolo a
contatto col corpo dovrebbe apparire distorta,ad esempio
il viso dovrebbe apparire molto più largo.Quelle che apaiono
come macchie di sangue corrispono alla corretta posizione sul corpo
delle numerose ferite,considerando un drappeggio della stoffa avvolgente l’intero corpo.Mentre l’immagine è in negativo,esse
sono in positivo:infatti sul negativo fotografico appaiono come
zone chiare.Inoltre sotto le macchie non vi è immagine:
sembra quindi che quest’ultima si sia formata quando il lenzuolo
era già macchiato.Nl 1977 i ricercatori americani E.Jumper e
J.P.Jackson,utilizzando strumenti informatici,evidenziarono nella
Sindone la presenza di un informazione tridimensionale,la quale
è possibile solo quando l’illuminazione ricevuta dall’oggetto
dipende dalla sua distanza.Applicando la stessa metodologia
a una fotografia o a un dipinto si ottengono solo immagini
distorte.Nel 1954 P.F.Filas,sulla base di alcune lastre fotografiche
del voltosindonico,affermò d’individuare sulla palpebra destra impronte simili a una moneta dell’epoca do Gesù.Successivamente
l’elaborazione tridimensionale metteva in evidenza delle lettere,
si scoprì che si trattava di una moneta emesa da Pilato il29-30 d.c.
Recentmente P.L.Baima Bollone e N.Balossino hanno annunciato
di aver identificato un’altra moneta del periodo dell’imperatore
Tiberio.L’usanza,tra gli ebrei del tempo di Gesù di porre delle
monete sugli occhi del defunto per tenere chiuse le palpebre
è stata confermata da alcuni recenti ritrovamenti archeologi.

La Sindone,sia per chi la crede autentica che chi è scettico,resta un
mistero,ancora nessuno è riuscito a riprodurla totalmente simile in
laboratorio,sebbene nell’epoca attuale non mancano gli strumenti
scientifici adeguati.
Non si conosce il mecanismo fisico-chimico all’origine dell’impronta.
Ci sono tante ipotesi e tesi,possiamo dividerle in quelle che affermano si sia trattato di un processo naturale e in quelle che
parlano di un falso.
Come processo naturale vengono indicati;per contatto diretto,vaporografica,immagine latente,effetto irradiazione e effetto
corona.
Formazione dell’immagine per contatto diretto(J.Cordiglia),
un cadavere con sangue avvolto con tela inzuppata di sostanze
organiche.Negli esperimenti si ottengono,impronte imperfette
e con caratteristiche negative.
Questa ipotesi,è inammissibile:perché nella Sindone non ci sono
tracce di sostanze organiche,e specialmente perché il contatto
da un immagine deformata,come può vedere chiunque spalmandosi
con un colorante la faccia e la comprime con un panno bianco,
non si ottiene un immagine tridimensionale,per contatto la dnsità è
proporzionale alla pressione che fa il corpo nella stoffa,mentre
nella sindone c’è colorazione anche dove la stoffa non tocca il corpo.
Teoria Vaporigrafica(Vignon),secondo la quale l’immagine si è
formata per reazione chimica delle sostanze organiche gassose.
Gli esperimenti hanno portato a immagini distorte.
Infatti,i gas non vanno verticalmente e parallelamente,ma si
espandono in tutte le direzioni,quindi danno immagini distorte e
soffuse,senza il chiaroscuro e la tridimensionalità della immagine
sindonica.Il fuoco e l’acqua nell’incendio del 1532,avrebbero
danneggiato l’immagine,ma poi la Sindone non contiene sostanze
organiche gassose,olii e aromi.
Teoria dell’immagine latente(Pellicori),l’immagine si forma col tempo,
lasciando un tessuto a contatto con le sostanze organiche.
Pellicori stesso riconosce che la tridimensionalità della Sindone
è un obiezione troppo grave contro la sua teoria,che poi
è simile alla teoria vaporigrafica,ciè fallimentare rispetto alla
immagine Sindonica.
Effetto irradiazione,l’immagine si sarebbe prodotta da un flusso
di energia(un lampo di luce,oun flusso di protoni o neutroni),
è una teoria che non è riproducibile in laboratorio,inoltre questa
ipotesi non spiega le caratteristiche dell’immagine,infatti la
radiazione sarebbe penetrata ortogonalmente nel tessuto,
attenuandosi esponenzialmente con la distanza dalla superficie.
Nella Sindone la colorazione appare soltanto sulla superficie
delle singole fibre.
Effetto Corona,l’immagine ottenuta da una scarica elettrica,
caratterizzato dalla ionizzazione dl fluido conduttore(aria),
con produzione di plasma.Nonè chiaro come avrebbe potuto
prodursi il campo elettrico necessario a generare la scarica.
Si sono fatti degli esperimenti,ma ancora non cìè certezza.
Ora,passiamo alle teorie del falso;pittura e strinatura.
Pittura,è impossibile che un pittore abbia potuto riprodurre
un negativo fotografico,è impssibile fare un’immagine senza
contorni precisi ma evanescente come la Sindone,la quale
non è visibile da vicino,occorerebbe un pennello lungo
2 mt.Poi vediamo che nella Sindone nonc’è traccia di coloranti,
ne acidi,ne impronte di pennello.
Mc Crone,sostiene di aver trovato sulla sindone di una pittura
di ocra rossa(ossido di ferro),ma studi più perfezionati
di Heller e Adler rivelarono che l’ossido di ferro era presente
in piccola percentuale e soltanto nelle zone ove non è impressa
l’immagine.
Teoria della strinatura,l’immaggine si ottiene bruciando il tessuto
superficialmente,per contatto con una statua o un bassorilievo,
riscaldato a temperature dell’ordine di 200 gradi,che provoca bruciature ma non incendia il tessuto.
Le immagini prodotte,sono ben diverse dalla Sindone,le strinature
penetrano il tessuto in proporzione alla temperatura,l’immagine
sindonica invece è causata dall’ingiallimento soltanto della porzione
superficiale di ciascuna fibra,mentre l’inerno rimane chiaro.
Inoltre i segni delle strinature sono fluorescenti all’infrarosso,
mentre l’immagine della Sindone non lo è,tranne le bruciature
povocate dall’incendio del 1532.Poi le immagini da bruciature
non hanno sfumature e sono distorte,mentre nella Sindone
l’immagine è perfettissima ed evanescente.
Infine Heler e Adler,hanno riscontrato che nella Sindone non
vi è immagine al di sotto delle macchie di sangue.Si deve ritenere
che queste fosero già presenti sul lenzuolo quando l’immagine
si è prodotta.Sia che siano costituite da vero sangue che da altre
sostanze,esse avrebbero dovuto alterarsi alle temperature necessarie per produrre le strinature.
Quindi,se le cose stanno così come dicono gli studiosi,per
ora la Sindone resta un mistero per tutti credenti e scettici.

Per quanto riguarda l’esame al radiocarbonio C14,per farsi un’idea
più ampia,basta andare a Wikipedia,nella pagina;analisi
con il radiocarbonio C14 sulla Sindone.
Questo test è un infinità di polemiche,chi dice che è stato fatto bene,
chi dice che è stato fatto male,perfino che c’è stato un complotto,
e addirittura una frode.
Sarebbe meglio per tutti rifare il test,magari includendo il CICAP.
Molti esperti sono scettici,spiegano che questo test non è idoneo
alla Sindone,perché ha subito delle contaminazioni.
Altri scienziati vanno elaborando altri test per datare l’età
della Sindone come quello della Vanillina,ed altri ancora.
Confidiamo nella scienza,se oggi non sappiamo come risolvere
un problema scientifico,vuol dire che dobbiamo andare avanti
con gli studi e le ricerche.Sulla Sindone la scienza dovrà darci
tante risposte ancora,e non solo sull’età.Quindi la verità sulla
sindone l’affidiamo alla scienza quella vera,e non quella teatrale
di certi Signori russi.

SINDONE-L'IMPOSSIBILITA' DI FALSIFICAZIONE

L'impossibilità di falsificazione sulla Sindone
Emanuela Marinelli, Maurizio Marinelli
Collegamento pro Sindone Rome - Italy
Infalsificabile
La Sindone è un lenzuolo di lino (4,37 x 1,11 m) che ha certamente avvolto il cadavere di un uomo che fu flagellato, coronato di spine, crocifisso con chiodi e trapassato da una lancia al costato. Le macchie di sangue e di siero presenti sul lenzuolo sono irriproducibili con mezzi artificiali. È sangue coagulatosi sulla pelle di un uomo ferito e ridiscioltosi a contatto con la stoffa umida. Si tratta di sangue umano maschile di gruppo AB che all'analisi del DNA è risultato molto antico. Oltre al sangue, sulla Sindone c'è l'immagine del corpo che vi fu avvolto. Questa immagine, dovuta a degradazione per disidratazione e ossidazione delle fibrille superficiali del lino, è paragonabile ad un negativo fotografico. È superficiale, dettagliata, tridimensionale, termicamente e chimicamente stabile. È stabile anche all'acqua, non è composta da pigmenti, è priva di direzionalità e non è stata provocata dal semplice contatto del corpo con il lenzuolo: con il contatto il telo o tocca o non tocca. Non c'è via di mezzo. Invece sulla Sindone c'è immagine anche dove sicuramente non c'era contatto. I suoi chiaroscuri sono proporzionali alle diverse distanze esistenti fra corpo e telo nei vari punti di drappeggio. Si può dunque ipotizzare un effetto a distanza di tipo radiante. Sotto le macchie di sangue non esiste immagine del corpo: il sangue, depositatosi per primo sulla tela, ha schermato la zona sottostante mentre, successivamente, si formava l'immagine. L'immagine non è stata prodotta con mezzi artificiali. Non è un dipinto né una stampa: sulla stoffa è assente qualsiasi pigmento. Non è il risultato di una strinatura prodotta con un bassorilievo riscaldato: le impronte così ottenute passano da parte a parte, tendono a sparire, hanno diversa fluorescenza e non hanno caratteristiche tridimensionali. Non conosciamo il meccanismo fisico-chimico all'origine dell'impronta. Si può ipotizzare un meccanismo come un fiotto di radiazione non penetrante che si attenua con il passaggio nell'aria e diminuisce con la distanza. La Sindone non può essere medievale. La manifattura rudimentale della stoffa, la torcitura Z (in senso orario) dei fili, la tessitura in diagonale 3 a 1, la presenza di tracce di cotone egizio antichissimo, l'assenza di tracce di fibre animali rendono verosimile l'origine del tessuto nell'area siro-palestinese del primo secolo. Altri indizi: grande abbondanza di pollini di provenienza mediorientale e di aloe e mirra; la presenza di un tipo di carbonato di calcio (aragonite) simile a quello ritrovato nelle grotte di Gerusalemme; una cucitura laterale identica a quelle esistenti su stoffe ebraiche del primo secolo rinvenute a Masada, un'altura vicina al Mar Morto. Nel Medio Evo erano completamente ignorate le conoscenze storiche e archeologiche sulla flagellazione e la crocifissione del I secolo, di cui si era persa la memoria. L'eventuale falsario medievale non avrebbe potuto raffigurare Cristo con particolari in contrasto con l'iconografia medievale: corona di spine a casco, trasporto sulle spalle del solo patibulum (la trave orizzontale della croce), chiodi nei polsi e non nelle mani, corpo nudo, assenza del poggiapiedi. Inoltre avrebbe dovuto tener conto dei riti di sepoltura in uso presso gli ebrei all'epoca di Cristo. Lo stesso falsario avrebbe dovuto immaginare l'invenzione del microscopio, avvenuta alla fine del XVI secolo, per aggiungere elementi invisibili ad occhio nudo: pollini, terriccio, siero, aromi per la sepoltura, aragonite. Il falsario avrebbe dovuto conoscere la fotografia, inventata nel XIX secolo, e l'olografia realizzata negli anni '40 del XX secolo. Avrebbe dovuto essere in grado di macchiare il lenzuolo in alcuni punti con sangue uscito durante la vita ed in altri con sangue post-mortale; rispettando inoltre, nella realizzazione delle colature ematiche, la legge della gravità, scoperta nel 1666. Ammessa la conoscenza di tutte queste nozioni scientifiche, l'ipotetico contraffattore avrebbe dovuto avere la capacità ed i mezzi per produrre l'oggetto. È inconcepibile che un falsario di tale sovrumana levatura sia rimasto completamente sconosciuto a contemporanei e posteri dopo aver prodotto un'opera così perfetta; egli avrebbe però utilizzato una stoffa appena uscita dal telaio, e quindi medievale, vanificando tutti i suoi poteri di preveggenza sulle future scoperte scientifiche. Alla luce delle conclusioni scientifiche attuali, però, è innegabile che la Sindone abbia avvolto un cadavere. Sarebbe dunque da ipotizzare non un falsario-artista, ma un falsario-assassino; le difficoltà in questo secondo caso non sarebbero minori. Sarebbe stato impossibile per lo spregiudicato omicida trovare una vittima il cui volto fosse congruente in diverse decine di punti con le icone di Cristo diffuse nell'arte bizantina; e, soprattutto, "pestare a sangue" l'uomo in maniera adeguata, in modo da ottenere determinati gonfiori del viso riprodotti nelle icone. Ne avrebbe dovuti uccidere parecchi prima di raggiungere il suo scopo: sarebbe stato, quindi, un serial killer imprendibile... Anche altri particolari, come l'apparente assenza dei pollici e la posizione più flessa di una gamba, sono in sintonia con le antiche raffigurazioni del Cristo morto, ma difficilmente riproducibili con un qualsiasi cadavere. Procurare alla vittima, ormai deceduta, una ferita del costato con una lancia romana, facendone uscire sangue e siero separati, non è assolutamente un esperimento facile da compiere. Altrettanto arduo sarebbe stato mantenere il cadavere avvolto nel lenzuolo per una trentina di ore impedendo il verificarsi del fenomeno putrefattivo, processo accelerato dopo decessi causati da un così alto numero di gravi traumi. Un'altra difficoltà, ma non di minor peso, sarebbe stata quella di prevedere che da un cadavere si potesse ottenere un'immagine così ricca di particolari; infine, sarebbe impossibile togliere il corpo dal lenzuolo senza il minimo strappo o il più lieve spostamento che avrebbero alterato i contorni delle tracce di sangue. La realizzazione artificiale della Sindone è impossibile ancora oggi; a maggior ragione nel Medio Evo. Nonostante queste considerazioni, c'è ancora chi propugna ipotesi insostenibili.

La teoria della pittura
Il principale sostenitore di questa ipotesi contraria all'autenticità della Sindone è il chimico americano Walter McCrone. Egli ebbe la possibilità di esaminare al microscopio alcuni vetrini contenenti fibre tratte dalla Sindone e vi riscontrò la presenza di proteine, di ossido di ferro e di solfuro di mercurio (cinabro). Ne trasse la conclusione che la Sindone è un dipinto, in cui l'artista avrebbe usato delle proteine come legante sia per il pigmento di ossido di ferro con cui realizzò l'immagine, sia per il miscuglio di cinabro e ossido di ferro con cui dipinse il sangue. Il legante impiegato, un collante formato da proteine animali, sarebbe poi ingiallito con il tempo. Per stabilire la validità di un'ipotesi di pittura è necessaria l'identificazione di tali materiali, però non basta. Occorre anche dimostrare che essi sono presenti in quantità sufficiente e localizzati in zone tali da giustificare quanto appare all'occhio. Bisogna inoltre dimostrare che la loro presenza non si può spiegare più semplicemente con altri processi. E per di più, le conclusioni raggiunte devono essere in accordo con gli altri studi effettuati, specialmente, in questo caso, con le ricerche fisiche e l'analisi di immagine. Vediamo ora come queste condizioni non sussistano nel lavoro di McCrone. Dall'esame degli stessi vetrini Heller e Adler hanno tratto conclusioni molto diverse. Essi hanno puntualizzato che per individuare le proteine esiste una grande varietà di tests disponibili e che quello usato da McCrone, il nero d'amido, è un reagente generale che colora intensamente anche la cellulosa pura. Le reazioni ottenute da McCrone non erano dunque dovute a tracce di impurità proteiche nel lino, ma alla cellulosa stessa della stoffa che accettava la tinta! I suoi risultati non erano quindi affidabili. Heller e Adler usarono reagenti molto più specifici, come la fluoroscamina e il verde di bromocresolo. In base ai risultati di questi e altri complessi tests poterono affermare con certezza che le macchie rosse sono costituite da sangue intero coagulato, con attorno aloni di siero dovuti alla retrazione del coagulo. Ciò testimonia che il sangue si è coagulato sulla pelle di una persona ferita e successivamente ha macchiato la stoffa quando il corpo fu avvolto nel lenzuolo; impossibile ottenere macchie simili applicando sangue fresco con un pennello. Le proteine sono presenti solo nelle impronte sanguigne, mentre sono assolutamente assenti in tutte le altre zone, comprese quelle dell'immagine del corpo. Pertanto è impossibile sostenere che nell'immagine del corpo sia presente un legante proteico ingiallito. La maggior parte del ferro presente sulla Sindone è quello legato alla cellulosa. Gli esami spettroscopici e ai raggi X hanno mostrato una concentrazione uniforme del ferro nelle zone di immagine e di non-immagine; dunque non è il ferro che forma la figura del corpo. Una concentrazione di ferro più alta si osserva invece, come è logico, nelle aree delle impronte sanguigne, dove al ferro legato alla cellulosa, che è dappertutto, si somma quello legato all'emoglobina del sangue. L'ossido di ferro, invece, è una percentuale molto piccola, ed è da sottolineare che non si trova ossido di ferro né sull'immagine né sulle macchie di sangue. Dunque non manca solo il legante di pittura, manca anche il pigmento! Come si può, allora, dopo analisi chimiche così accurate, continuare ad affermare che la Sindone fu dipinta? O si è scientificamente incompetenti, o si è in malafede. Oltretutto, con una specifica analisi, si è osservato che l'ossido di ferro, in quei pochi punti dove è presente per le cause suddette, è estremamente puro e non contiene tracce di manganese, cobalto, nichel e alluminio al di sopra dell'1%. Queste tracce sono invece presenti nei pigmenti di pittura minerali. È stato trovato solo un cristallino di cinabro, che è da considerarsi un reperto accidentale. L'esame di tutta la Sindone con la fluorescenza ai raggi X non ha rilevato la presenza di alcun pigmento di pittura, quindi nemmeno di cinabro; questa sostanza non può essere responsabile della colorazione delle macchie rosse, peraltro certamente composte da sangue, semplicemente perché non c'è. È da tener presente che molti artisti hanno copiato dal vero la Sindone, e quindi la presenza occasionale di pigmenti da pittore non è inaspettata; anche perché quasi sempre le copie venivano messe a contatto con l'originale per renderle più venerabili.

Pasticci e pretese
Due professori dell'University of Tennessee (USA), Emily A. Craig e Randall R. Breese, affermano che l'immagine della Sindone si può realizzare usando un pigmento di ossido di ferro in polvere distribuito con un pennello o premuto con la parte piatta di un cucchiaio di legno, con l'aggiunta di collageno che viene poi sciolto dal vapore di una pentola d'acqua in ebollizione. I risultati delle analisi chimiche già citati contraddicono anche questa teoria. Come è noto gli scienziati americani, che esaminarono la Sindone con strumentazioni sofisticate, hanno escluso la presenza su di essa di qualsiasi pigmento; pertanto l'immagine non è assolutamente spiegabile con la teoria Craig-Breese. Per la realizzazione artistica esistono, inoltre, tali e tanti problemi pratici da renderla impossibile. Per tentare di realizzare l'opera, l'artista dovrebbe salire su una scala alta circa quattro metri e mezzo, posta a cavallo del modello, in modo da averne una veduta completa guardando in basso. In questa scomoda posizione, però, l'artista può comporre un'opera di proporzioni limitate. E come rappresentare l'immagine dorsale di un uomo in posizione supina? Il modello andrebbe posto in alto su uno spesso ripiano di plastica. Ma questa non esisteva nel Medio Evo! Ed un vetro si romperebbe. Inoltre, nel tempo di cui l'artista avrebbe bisogno per completare l'opera, sarebbe cessato il rigor mortis ed iniziata la putrefazione. "Esistono limiti insormontabili - ricorda una nota artista americana, Isabel Piczek - quanto alla dimensione dell'opera d'arte che un artista può produrre. Nessun artista, in nessuna epoca, ha realizzato un dipinto lungo 4,36 metri che presentasse le qualità visive dell'immagine della Sacra Sindone". Inoltre, come faceva notare il famoso scrittore Italo A. Chiusano, la figura umana visibile sull'antico lino conservato a Torino non rientra in alcuno stile artistico; nessuno avrebbe potuto realizzare un'opera simile, in nessuna epoca. Eppure c'è chi è giunto addirittura ad affermare che la Sindone sia opera di Leonardo da Vinci: due scrittori inglesi, Clive Prince e Lynn Picknett. Qui siamo veramente all'assurdo: non fosse altro, perché quando la Sindone viene consegnata alla famiglia Savoia (22 marzo 1453), Leonardo era ancora nella culla. Ed il lenzuolo, con tanto di immagine sopra, era in giro per la Francia da un secolo. Ovviamente la difficoltà viene aggirata dai due inglesi con molta disinvoltura: il telo non sarebbe lo stesso. Fra l'arrivo della Sindone, proveniente da Lirey, nelle mani dei Savoia, e la pubblica esposizione avvenuta a Vercelli nel 1494 ci sarebbero circa 40 anni di nascondimento. La costruzione della Sainte-Chapelle, nella quale la reliquia viene posta nel 1502, "era forse - insinuano i due scrittori - per divenire la sede di una nuova, e migliore, Sindone?" Il famoso lino sarebbe nientemeno che un autoritratto di Leonardo da Vinci, fabbricato nel 1492 su commissione della Chiesa per avere una falsa Sindone. Secondo gli autori inglesi, Leonardo "potrebbe aver inventato una prima forma di fotografia per creare l'immagine negativa sulla Sindone". Egli avrebbe impiegato una specie di camera oscura, delle lenti e una tela "sensibilizzata" con alcuni ingredienti. Quali? Prince e la Picknett partono da sale (di cromo) e bianco d'uovo, poi tentano il succo di limone (poco ci mancava per una maionese) e arrivano alla sostanza con cui ottengono i risultati "più simili alla Sindone". Scusandosi per l'indelicatezza, la nominano: "urina". Poi 6-12 ore di esposizione di fronte ad un modello illuminato con lampade UV per simulare "il caldo sole italiano" e il gioco è fatto. Per la perfezione anatomica del modello, nessuna difficoltà: "Leonardo aveva avuto un permesso speciale dalla Chiesa per la dissezione dei cadaveri freschi provenienti dagli ospedali". Si lava la tela in acqua fredda, si espone al calore, poi si lava in acqua calda e detergente. Così resta solo l'immagine "strinata" e indelebile. Qualche ritocco di sangue completa l'opera. Come sempre, i "moderni falsari" mostrano quello che hanno ottenuto, più o meno somigliante alla Sindone: ovviamente all'apparenza, da verificare in laboratorio. "Non sappiamo quanto tempo Leonardo abbia impiegato a realizzarla", ammettono, bontà loro, i due inglesi. Ma non dubitano sull'autore. La Picknett dice di aver ricevuto un messaggio tramite la "scrittura automatica" firmato "Leonardo". Secondo Nicholas Allen, professore di Belle Arti dell'Università sudafricana di Port Elisabeth ed esperto di fotografia, l'immagine della Sindone si può realizzare con una "lente al quarzo, nitrato d'argento e luce solare naturale". Si otterrebbe una "strinatura del lino indotta chimicamente". "La lente - specifica Allen - sarebbe stata posta a metà strada tra il corpo e il lenzuolo, che doveva essere ad otto metri di distanza". Allen ritiene che la Sindone possa essere la più antica fotografia del mondo, frutto dell'ingegno di un "pioniere" medievale che potrebbe aver appeso sotto il sole, in posizione verticale, un manichino o un cadavere dipinto di bianco "per un numero non specificato di giorni" di fronte ad una rudimentale camera oscura contenente un lenzuolo opportunamente trattato con nitrato d'argento. Avrebbe poi fissato l'immagine ottenuta con una soluzione ammoniacale diluita o "probabilmente persino urina"! L'ipotesi di un cadavere appeso per giorni al sole è assurda, non fosse altro perché il rigor mortis non sarebbe durato così a lungo. Ma anche un manichino non è proponibile. La Piczek fa notare che nel Medio Evo nessuno avrebbe potuto realizzare una statua così corretta da lato anatomico. E poi, come spiegare i coaguli ematici se non con il contatto diretto con un cadavere?

La teoria del bassorilievo
L'assenza di qualsiasi traccia di pennellate sulla Sindone ha fatto elaborare una differente teoria di falso: quella del bassorilievo strofinato. Il propugnatore, Joe Nickell, è un ex-prestidigitatore privato americano, oggi esponente del Comitato di indagine scientifica sui fenomeni paranormali di Buffalo, negli Stati Uniti. Secondo lui, il falsario avrebbe usato un bassorilievo strofinato e ricoperto di ossido di ferro con tracce di acido solforico, su cui avrebbe applicato il lenzuolo; ma i già citati risultati delle analisi chimiche condotte sulla Sindone contraddicono anche questa teoria. Nickell trova impossibile che il sangue sia così rosso e definisce i rivoli di sangue "rivoletti molto artistici che scendono graziosamente dalle ferite". Che cosa ci sia di artistico e di grazioso nelle colate sanguigne sulla Sindone proprio non si capisce; e comunque il loro rosso è stato spiegato dagli scienziati con l'abbondante presenza di bilirubina, testimone delle sevizie subite da quel corpo. Un'altra difficoltà opposta da Nickell è la presunta assenza di deformazioni nell'immagine, affermazione questa che tradisce sempre una superficiale osservazione della Sindone. L'occhio esperto di una persona competente rileva invece che le deformazioni, dovute all'avvolgimento di un vero corpo umano in un lenzuolo, ci sono e non poche. È senz'altro da escludere anche l'ipotesi che l'immagine sia stata prodotta prima del 1350 con un bassorilievo riscaldato a 220° C da un falsario che avrebbe poi applicato il sangue con un pennello. Questa teoria, sostenuta da un antropologo di Bari, Vittorio Pesce Delfino, si basa su alcune somiglianze esistenti fra le leggere strinature e l'immagine sindonica, che è dovuta alla ossidazione, disidratazione e coniugazione della cellulosa componente il lino. Sull'immagine sindonica sono assolutamente assenti pigmenti, colori o tinture. La microchimica, la fluorescenza a raggi X, l'esame all'ultravioletto e all'infrarosso lo confermano con assoluta certezza. Il colore giallo delle fibre è dovuto ad una trasformazione del lino stesso. Finora gli scienziati non sono riusciti a riprodurre adeguatamente il fenomeno presentato dall'immagine sindonica e a trovare la causa della sua formazione. Il problema è che alcune spiegazioni che potrebbero essere sostenibili da un punto di vista chimico sono escluse dalla fisica; e, per contro, certe spiegazioni fisiche, che potrebbero essere interessanti, sono completamente escluse dalla chimica. La questione è dunque complessa e di non facile soluzione; comunque, una spiegazione può essere plausibile solo se è scientificamente ben fondata da un punto di vista fisico, chimico, biologico e medico. Bisogna tener presente, come punto fermo di partenza, che gli scienziati hanno già affermato con certezza che dentro quel lenzuolo c'è stato un corpo umano ferito e con sangue coagulato. Come sostenere, allora, l'ipotesi del falsario che realizza l'immagine con un bassorilievo?

Problemi vari
Ci sono innanzitutto i problemi di esecuzione, dato che si sarebbe dovuto operare con un lungo lenzuolo su un bassorilievo di oltre quattro metri. C'è poi il diverso comportamento sotto radiazione ultravioletta: l'immagine della Sindone non emette fluorescenza, a differenza delle strinature che risultano fluorescenti. Di più, l'immagine sindonica è estremamente superficiale, interessa solo due o tre fibrille del filo; invece quella ottenuta con il bassorilievo passa da parte a parte ed è visibile anche sul retro della stoffa; nonostante questo tende a scomparire nel volgere di pochi mesi! Il falsario, inoltre, avrebbe dovuto aggiungere il sangue successivamente sull'immagine ottenuta; ma questa operazione presenta varie difficoltà. Anzitutto l'immagine sindonica si vede solo da lontano; il pennello avrebbe dovuto essere lungo almeno due metri per mettere il sangue nelle zone giuste! E questo sangue doveva essere "dipinto" in punti anatomicamente corretti, senza lasciare tracce di pennellate e con modalità e caratteristiche sconosciute all'epoca della realizzazione. Doveva, inoltre, come si è già detto, essere sangue coagulato con attorno aloni di siero invisibili ad occhio nudo, il che testimonia, viceversa, il contatto del lenzuolo con un vero cadavere. Infine, gli scienziati hanno scoperto che le fibrille insanguinate della Sindone non sono ingiallite sotto la patina rossa del sangue. Quindi il sangue ha "protetto" le fibrille sottostanti mentre si formava l'immagine del corpo. Allora si dovrebbe pensare che il falsario abbia messo prima il sangue nei punti opportuni e poi abbia applicato il lenzuolo sul bassorilievo caldo. Ma, in questo caso, oltre la difficoltà di far combaciare le macchie di sangue sui punti giusti, ci sarebbe l'inevitabile alterazione del sangue a diretto contatto con il bassorilievo riscaldato a 220°C. Carlo Papini obietta che se il sangue fosse stato presente sulla Sindone prima dell'incendio del 1532, si sarebbe volatilizzato con il calore raggiunto all'interno della cassetta. Sappiamo che in quell'occasione il reliquiario d'argento fuse parzialmente e che in alcuni punti il lenzuolo si è carbonizzato. Anche il sangue si è bruciato, ma solo in quei punti. La temperatura di fusione dell'argento è di 960,8°C; allora come spiegare la salvezza della maggior parte della stoffa? Bisogna considerare che il danno subito dalla Sindone fu provocato dal metallo rovente, probabilmente lungo giunture di lega "povera", ma non dal fuoco diretto. Nella cassa chiusa, nonostante la temperatura elevata, la tela e il sangue non sono bruciati per mancanza di ossigeno, anche se il lino, nel suo complesso, avrà comunque subito trasformazioni chimiche invisibili ad occhio nudo. Nelle zone adiacenti alle bruciature si nota un diverso grado di alterazione in proporzione al calore ricevuto. Interessante il fatto che l'immagine, invece, non subì alcuna alterazione nelle vicinanze delle bruciature, a riprova del fatto che non solo sono assenti pigmenti minerali, come già si è detto, ma manca anche qualsiasi pigmento organico, che si sarebbe trasformato in maniera evidente con il calore. L'ipotesi dell'artefatto è esclusa anche da molte altre considerazioni. Come già detto, il falsario avrebbe dovuto mettere sulla Sindone alcuni particolari invisibili ad occhio nudo, come alcuni segni di flagello sottili come graffi e il terriccio ai talloni, alle ginocchia e al naso; avrebbe dovuto spargere sul telo pollini di piante inesistenti in Europa, ma presenti in Palestina; e tracce degli aromi usati per la sepoltura. Avrebbe inoltre immaginato i fori dei chiodi nel palmo della mano, come sempre hanno raffigurato gli artisti, e non nei polsi come si osserva sulla Sindone. Non avrebbe pensato ad una corona a casco e al trasporto del patibulum invece dell'intera croce. Nell'immagine ci sono poi molte asimmetrie e deformazioni, come si può osservare, ad esempio, nella mano destra con le dita apparentemente troppo lunghe o nell'immagine frontale delle gambe, che sembrano sproporzionatamente lunghe fra le ginocchia e le caviglie. Solo l'avvolgimento di un vero corpo in un lenzuolo con le relative pieghe può spiegare le apparenti anomalie. Impossibile, infine, l'applicazione differenziata di sangue venoso ed arterioso nei punti anatomicamente giusti sulla fronte e di sangue post-mortale nella ferita del costato e ai piedi, in un'epoca in cui non esistevano ancora queste cognizioni scientifiche. Anche l'ipotesi del falsario che opera con un bassorilievo riscaldato è dunque insostenibile. L'analisi oggettiva della Sindone porta ad una sola conclusione: l'impossibilità di falsificazione.

Centro anti-blasfemia.